
Ancora una volta al centro della sua storia vi è una famiglia non propriamente tedesca, come ormai, del resto, è buona parte della società germanica. Protagonisti infatti sono due fratelli di origini greche, uno impegnato nella gestione del ristorante “Soul Kitchen”, l’altro carcerato in semilibertà senza alcuna voglia di lavorare, ma bisognoso di un contratto di lavoro per potere uscire ogni giorno dalla prigione. Mentre quello con la testa a posto mette in progetto l’idea di trasferirsi a Shanghai dove è andata a lavorare (è una giornalista) la fidanzata, l’altro, lo scapestrato, passa le giornate al chiosco delle scommesse. Il fratello ha però bisogno di lui: vuole lasciare il ristorante a qualcuno e crede che sia il momento giusto di credere in una persona che più che mai ha necessità di fiducia per entrare finalmente nei giusti ranghi. Le cose però non andranno, come ben vi potete immaginare, come dovrebbero andare…

Uno spunto narrativo molto convenzionale viene affrontato con l’apprezzabile volontà di far divertire il pubblico senza caricarlo di particolari pesi drammatici o svolte malinconiche. Aiutato da una colonna sonora che tiene sempre sostenuto il ritmo del racconto, e ben sfruttando le belle facce comiche di Adam Bousdoukos e Moritz Bleibtreu, Fatih Akin confeziona un film gradevole e fluido. Non c’è morale o volontà di far passare un qualche tipo di messaggio. Come una in una favola di Disney tutto va al posto giusto al momento giusto.
"Soul Kitchen" è distribuito nei cinema dalla BIM.
Per saperne di più
A ritmo di Soul Kitchen - Le foto del film