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L'ultimo terrestre - La recensione da Venezia 68

Il fumettista Gipi esordisce alla regia con una storia umana e toccante in cui la fantascienza serve a parlare dell'Italia

L'ultimo terrestre - Roberto Herlitzka, Gabriele Spinelli

08.09.2011 - Autore: Marco Triolo, nostro inviato al Festival di Venezia
A volte arriva un film che dimostra quanto sia possibile anche in Italia fare qualcosa di diverso dai soliti drammi e commedie. A volte ci vuole un Gipi, alias Gian Alfonso Pacinotti, cioè qualcuno che approcci il cinema con lo sguardo vergine di chi esordisce nella settima arte venendo da un percorso totalmente diverso. Senza il bagaglio delle scuole di cinema, senza l'ottica di chi deve a tutti i costi dimostrare di “essere un autore”, ma avendo solo una storia da raccontare e qualcosa da dire.

Gipi e il suo “L'ultimo terrestre” sono proprio questo, una ventata d'aria fresca in uno stanzino che puzza di chiuso, e non è un caso che di aria nuova parli anche il film, storia di vite strozzate da rimpianti e rimorsi ambientata in un'Italia in cui le cose brutte sono tante più di quelle belle. Ma siamo in un mondo che – pur identico al nostro – ha anche una sostanziale differenza: sta attendendo l'arrivo degli alieni, annunciato da tempo. Seguiamo però le vicende di un personaggio, Luca (Gabriele Spinelli), che vive una vita piccola, solitaria. Che ha grossi problemi a relazionarsi con gli altri e soprattutto con le donne. E vediamo come anche la sua vita sia cambiata da questo evento storico atteso da tutta la popolazione mondiale. Cambiata in meglio o in peggio? La domanda è ben più importante della risposta.

L'avrete capito: L'ultimo terrestre” non è decisamente un film di fantascienza, anche se non mancano elementi sci-fi. Ad esempio, gli alieni sono veri, esistono, non si tratta di allucinazioni collettive o di un vezzo metaforico. Certo poi, come spesso accade, gli alieni servono sì come metafora per parlare della situazione umana, e in questo caso del nostro paese. Un luogo talmente carico di problemi irrisolvibili, che ormai le persone preferiscono adattarsi e sopravvivere, anziché vivere davvero. Pacinotti auspica dunque una risoluzione, un vento di cambiamento, un qualcosa che ci strappi da questa impasse e cambi le cose.

Il film ha due pregi grandissimi: oltre all'idea, come detto, di tentare una strada diversa dal solito, Gipi lascia giustamente un velo di ambiguità. Non è chiaro quale sia la volontà dei visitatori, sembra positiva e benevola, ma non mancano i dubbi. Si tratta, in fondo, di esseri provenienti da un mondo lontano, per cui chi ci dice che la pensino come noi?

La scrittura matura si sposa con una regia che sicuramente mostra alcuni limiti – dopotutto Gipi, fumettista affermato, qui è una matricola – ma sicuramente infila un paio di idee interessanti e in generale serve molto bene le vicende, sta sui volti ma non disdegna di dipingere luoghi inquietanti, una provincia cupa e opprimente che sembra non avere mai fine e non sfociare mai in aggregati umani, oltre che urbani. Merita poi una menzione Spinelli, altro esordiente assoluto senza alcun background cinematografico, a parte i corti che realizzava più di dieci anni fa con l'amico Gipi. Se il cinema italiano riuscisse ad essere più spesso così, avremmo vinto la lotteria di Capodanno.

L'ultimo terrestre”, in uscita il 9 settembre, è distribuito da Fandango


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