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Harry Brown - La nostra recensione

Violentissimo e recitato divinamente, Harry Brown voleva essere un omaggio a "Gli spietati" e "Gran Torino", ma bisogna essere più abili per giocare con il fuoco.

Harry Brown - Michael Caine

10.12.2009 - Autore: Federica Aliano
La violenza sul grande schermo, quella vera, brutale, improvvisa, gratuita e ingiustificata, cruda e destabilizzante, sbattuta lì sulla faccia dello spettatore sin dalla prima scena. È la violenza come è nella vita vera, non come quando è coreografata nei film d’azione o in quelli di cappa e spada. Durante la visione di "Harry Brown" viene più volte istintivo portarsi le mani agli occhi per coprirli, ma come ha detto il regista Daniel Barber che lo ha presentato alla diciannovesima edizione del Noir Film Festival di Courmayeur, sarebbe meglio non farlo. Nonostante alcune cose siano difficili da mandar giù, chiudere gli occhi significherebbe distogliere lo sguardo da una realtà scomoda ma vera, quella di alcuni quartieri irrecuperabili dove la strada è il set di un western, una guerriglia continua e silenziosa, un luogo dove la noia si ammazza uccidendo la gente e commettendo vari altri crimini efferati.

La locandina di Harry Brown

Un Michael Caine persino più bravo del solito è l’ex ufficiale di marina pluridecorato Harry Brown, un uomo ormai anziano e solo, che ne ha abbastanza di voltarsi dall’altra parte mentre tutto intorno a lui degenera nel più totale squallore. Apologia del supereroe, il vecchio “Dirty Harry” Brown è una sorta di Watchmen che nella realtà potrebbe benissimo esistere: un uomo che ha le “skills” per fare giustizia e che per giunta non ha niente da perdere, non gli importerebbe nemmeno di morire nell’esercizio delle sue funzioni. Ecco quindi che il giocatore di scacchi con l’enfisema polmonare diventa il giustiziere, la mano vendicatrice, che fa un favore alla polizia e a tutta la brava gente del circondario.

Emily Mortimer in una scena di Harry Brown

Con una fotografia elegante, volti in controluce e montaggio da suspence, "Harry Brown" ha un cast di tutto rispetto, attori uno meglio dell’altro sia nei ruoli dei poliziotti che dei villain, su tutti David Bradley, Argus Gazza in "Harry Potter", che tiene testa in quanto a talento a Sir Michael. Sangue a fiotti e cervella che schizzano sui muri, siringhe riutilizzate, sporcizia e disgusto si sprecano, in un estetismo che attrae infastidendo, che esalta quanto più suscita moti di schifo. Le citazioni si inanellano una dopo l’altra, prendendo a piene mani anche da "Doomsday". Ma su tutti c’è lui, Clint Eastwood, palesemente un mito per Daniel Barber che costruisce lo script e le inquadrature copiando da "Gli spietati" e da tutto il cinema del grande Clint, senza tralasciare "Gran Torino".

Sir Michael Caine in Harry Brown

Il problema è che di Eastwood ce n’è uno solo e, laddove Clint sa gestire le tematiche scomode che tocca e riesce a far apprezzare persino le sue venature repubblicane, Barber perde subito il controllo e realizza un film che sulla carta poteva funzionare, ma una volta terminato è un vero spreco di risorse. Giustizia sommaria, azioni politiche degne del peggior estremismo destrorso, sessismo, pietas ingiustificata e randomica... Harry Brown non è un eroe, ma solo la scheggia impazzita che riprende in mano le armi infrangendo una promessa. E non ha nemmeno un briciolo del fascino di Rorschach.

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