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Dall'altra parte del vetro

Margherita Buy è una mamma con una figlia nata prematura in "Lo spazio bianco" di Francesca Comencini. La nostra recensione.

Lo spazio bianco - Margherita Buy

09.09.2009 - Autore: Andrea D'Addio
Tratto dall’omonimo libro di Valeria Parrella, “Lo spazio bianco” è la storia di una circa quarantenne single a cui nasce una figlia prematura (6 mesi). Il tempo della narrazione parte indicativamente dal momento del parto per finire con l’esito della gestazione dell’incubatrice: la neonata sopravvive o decede?
Un punto di partenza e uno di epilogo ben delineati, perfetti per racchiudere qualsiasi tipo di racconto.

Protagonista è, logicamente, la mamma (interpretata da Margherita Buy). Come cambia la sua vita nel frattempo? Come la maternità si inserisce nei suoi pensieri e nelle sue relazioni sentimentali? Come si reagisce ad una situazione di così intensa emotività, oltretutto senza un compagno con cui condividere il tutto?

Sicuramente è su queste domande che Francesca Comencini, regista e cosceneggiatrice (assieme a Federica Pontremoli) del film, cerca di indagare. Questioni interessanti, ricche di spunti e carica drammatica che purtroppo, però, rimangono tali. In “Lo spazio bianco” non si percepisce nessun tipo di sviluppo narrativo che non  sia il progressivo vivere della bambina, i suoi problemi di salute, la possibilità che non riesca a respirare dall’ottavo mese in poi. E’ questo l’unica ragione di tensione di una pellicola che non scava nel personaggio della mamma, lasciandola identica dall’inizio alla fine. Non basta una chiaccherata sfogo in cui si enuncia tutte le cose che farà con la bambina in futuro semmai dovesse vivere per marcare una rottura con il passato (anche perché fin dall’inizio sembra che lei voglia la gravidanza). La solidarietà tra mamme è tanto giusta, quanto semplicemente accennata. Alcuni personaggi di contorno sembrano poi essere buttati nel mucchio  senza che aggiungano qualche valore alla narrazione che non sia cavalcare quel sentimento radical chic che spesso si insinua in film italiani spesso buoni, ma comunque penalizzati dall’ambizione di voler dire sempre di tutto e tutti . Dal magistrato (che ricorda la Boccassini) a cui viene levato ingiustamente un imprecisato caso di camorra, ai poliziotti che vogliono entrare in sala operatoria perché c’è stato un aborto troppo in ritardo per la legge: idee buttate lì senza nessun approfondimento, così come appare tragica la scelta del finale.

Si poteva chiudere sullo spazio bianco del titolo, si è deciso di mostrare se la bambina alla fine ce l’avesse fatta o no. Qualsiasi delle due scelte è sbagliata: non veicola nessun significato, si tratta di una decisione di sceneggiatura totalmente avulsa dal senso del film. Il cast non aiuta. Il film comunque si segue, la regia della Comenicini è fluida così come appaiono funzionali alcuni utilizzi della colonna sonora (non nel finale però), ma ciò non basta. Peccato.