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Apart Together - La nostra recensione

Il primo film della Berlinale delude sia chi si aspettava un grande film d'autore che chi voleva semplice intrattenimento.

Apart Togheter

12.02.2010 - Autore: Andrea D'Addio, nostro inviato al Festival di Berlino
Nel 2007 Wang Quanan vinse l'Orso d'oro con “Il matrimonio di Tuya”. A distanza di tre anni il regista cinese ritorna a Berlino e, per l'occasione, il festival tedesco gli affida l'apertura della manifestazione.

Premiere Apart Toghether

Apart Together” è un titolo dal doppio significato. Da una parte la storia dei protagonisti. Siamo a Shanghai, lui e lei si sono lasciati nel 1949 quando la guerra tra la repubblica popolare cinese e Taiwan richiamò sull'arcipelago asiatico i militari del regime comunista. La successiva proclamazione dell'indipendenza di Taiwan, “chiuse” di fatto tutti i cinesi arrivati lì per combattere: non si poteva più tornare indietro, per sopravvivere bisognava diventare cittadini della repubblica (capitalista) cinese. A distanza di cinquant'anni, quell'uomo partito cinese, ma ormai taiwanese, ritorna dal suo vecchio amore grazie ad un permesso rilasciato dal governo, il primo da allora. Lei nel frattempo si è sposata, ha avuto figli (uno già lo aveva con “lui”), è anche nonna. Il reduce viene accolto con tutti gli onori del caso anche dal nuovo compagno di lei. Il suo piano però è prendersi la donna che ha sempre amato, anche se ormai si tratterebbe di condividere assieme gli ultimi anni di una vita vissuta separatamente solo per colpa della storia. Ma può una donna abbandonare un marito che, seppur non amato, le è sempre stato affettuoso?

Apart Toghether

Il secondo significato del titolo è la metafora stessa della storia raccontata. Lui e lei non sono solo due amanti pronti adesso a tornare di nuovo assieme, ma le due Cina, quella popolare e quella repubblicana, ora unite da un sistema economico analogo e da rapporti diplomatici più distesi, ma che nonostante tutto rimangono due entità politiche ben diverse. Wang Quanan racconta tutto questo giocando con pochi elementi narrativi (la famiglia come lo specchio di un popolo) e riducendo al minimo le scene (poche, ma lunghe) e i movimenti di macchina. Non per questo si può dire qualcosa di una regia invece molto curata nelle inquadrature che ben fotografa la vita domestica di una famiglia qualsiasi di Shanghai. Nonostante questo, il film rimane purtroppo piuttosto in superficie. Non si empatizza con i suoi protagonisti, elementi più simbolici che persone a tutto tondo (la passione tra lui e lei è solo raccontata, mai “vista”), così come la pretesa del parallelismo, raccontare la grande storia attraverso una piccola storia, non scava in nessun dettaglio, ma si comprende già dopo pochi minuti grazie alla didascalia che fa da prologo. Insomma, come apertura di Berlino, ci si poteva aspettare qualcosa di più.