Biennale Venezia 2013
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Con il fiato sospeso: Costanza Quatriglio colpisce senza guantoni

Il nuovo lavoro della regista siciliana prima delicato e poi struggente

01.09.2013 - Autore: Pierpaolo Festa, da Venezia
Quanto dobbiamo morire per raccontare la verità? Questa la prima di tante domande che ci si pone una volta compiuto il viaggio emozionale di trentacinque minuti, condotti da Costanza Quatriglio all'interno dei laboratori di chimica. Lo spettatore viene introdotto nella passione per quel mondo, catturato dal fascino di tutte quelle provette, i camici, le polverine e gli elementi.

A poco a poco scopriamo un'altra verità e la regista ci coglie di sorpresa mentre teniamo la guardia bassa. La sua macchina da presa si rivela per quello che è: un pugno di denuncia e rabbia celato da delicatezza e sensibilità. Un racconto cinematografico che ha poco di finzione: guarda alla realtà e al caso di Emanuele, dottorando del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche presso l'Università di Catania che – dopo un periodo di esposizione alle sostanze di quegli stessi laboratori - si è ammalato di cancro, morendo a soli 29 anni.  “Questo è un film a tutti gli effetti" – afferma la regista, raccontando come inizialmente non abbia trovato “un accesso a un sistema produttivo che sentisse l'urgenza di raccontare questa storia. Io però non so aspettare e ho cominciato: quando, nel 2008, ho letto l'articolo sull'apposizione dei sigili ai laboratori di chimica della facoltà, ho capito immediatamente che si trattava di qualcosa che andava al di là della notizia. Ho cercato di lavorare sul senso di una storia, una cosa al di là della cronaca per raccontare il più grande dei tradimenti”.

Il laboratorio dei veleni diventa il simbolo di una grande bugia. L'ennesima menzogna di una nazione inghiottita dal buio. Un Paese in cui ai più anziani resta il non privilegio di goderselo nella più totale solitudine. Il pugno della Quatriglio colpisce forte, è una sveglia. Una delle tante di cui abbiamo bisogno.
La regista siciliana tiene la macchina da presa “incollata” sul volto di Alba Rohrwacher, studentessa che vive un caso analogo a quello di Emanuele. La voce di Michele Riondino, invece, legge il vero diario del giovane: “Il dramma vissuto da Emanuele è il dramma che vive la mia generazione: quello di non avere la protezione che ci è dovuta - afferma l'attore - Quando a 35 anni si è considerati ancora dei ragazzi è una condanna. Questo è il peso che ci hanno lasciato i nostri leader, che non hanno avuto il coraggio di proteggerci. Gente che dovrebbe lasciare spazio a nuovi uomini”.

Con il fiato sospeso è stato presentato Fuori Concorso alla 70ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

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