The Sorcerer and the White Snake

Il nuovo film di Tony Ching Siu-tung vede come protagonista Jet Li nei panni di un monaco che deve salvare un suo allievo dalle avances di un mistico serpente bianco che ha preso le sensuali forme umane di una splendida ragazza. Raymond Lam nei panni del ragazzo che si innamora del serpente. La storia è basata sulla classica storia del folklore cinese "La leggenda del Serpente Bianco".

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
The Sorcerer and the White Snake
GENERE
NAZIONE
Cina
REGIA
CAST
USCITA CINEMA
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2011

E' sempre difficile giudicare un film asiatico, perché la scala di valori e sensibilità tra Europa e Asia è molto diversa, e ciò che a noi appare a volte melenso e naïf forse a loro non lo sembra affatto. Per questo, alla fine della fiera, non resta che affidarsi all'istinto di pancia e ammettere candidamente le proprie impressioni senza porsi troppe questioni.

In base a questo principio, dispiace dire che “The Sorcerer and the White Snake, sorta di wuxia tratto da una fiaba tradizionale cinese e diretto con grande dispendio di green screen da Ching Siu-Tung (“Storie di fantasmi cinesi”), è un bel pasticciaccio. In cui, per altro, la superstar Jet Li ci fa anche una figura poco lusinghiera. La sua grande abilità di artista marziale è soffocata da una storia che richiede scontri stracolmi di brutta CGI, che sembra quella che a Hollywood usano per la pre-visualizzazione di un film. Il risultato è che chiunque, vista l'artificiosità spinta della pellicola, avrebbe potuto apparire come un esperto di kung fu senza bisogno di scomodare Li. Il suo personaggio, poi, è un monaco buddista ottuso che vorrebbe tenere separati i due amanti del film, un semplice erborista e una demone serpente sotto forma di donna, solo perché “bisogna farlo”, non gli viene data una vera motivazione al di là del solito ordine del cosmo eccetera eccetera. Ma questa è una scelta voluta, come vedremo più avanti.

Parlando invece della messa in scena, c'è da dire che la regia è piuttosto ordinata e serve meglio le caotiche scene d'azione rispetto ai film americani. Niente telecamera a mano o montaggio alla Michael Bay, dunque. Ma poi entra la CGI e rovina tutto, fra creature involontariamente comiche – l'effetto delle donne serpenti è indifendibile, come i tre animaletti loro amici, un coniglio, un topolino e una tartaruga, che sembrano usciti da un film a cartoni della Disney – e un guazzabuglio di inondazioni, rocce volanti e uomini pipistrello. C'è anche un altissimo tasso di zucchero e melodramma, una caratteristica tipicamente cinese che però qui risulta molesta per via di una trama ben poco interessante.

Di buono c'è la volontà di mescolare le carte: i demoni non nascono per forza cattivi, mentre i buoni a volte sono guidati da una visione limitata che li rende soggetti a errori grossolani. La battaglia finale è tronfia e pacchiana, ma almeno per una volta non ci sono due schieramenti delineati, anche se si tende a tifare per la demonessa. Ma non è abbastanza per tollerare cento minuti al buio della sala.

di Marco Triolo