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Luca Marinelli dopo Caligari e Jeeg Robot: “Davvero io non lo so fare il cattivo”

A Bari per ricevere il premio Vittorio Gassmann il protagonista di Lo chiamavano Jeeg Robot si racconta attraverso i suoi ruoli più famosi

Lo chiamavano Jeeg Robot

04.04.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta) - da Bari
Dal vivo – l’attore più chiacchierato del momento - sembra incarnare una personalità artistica goffa, fragile e tutta segnata dall’istinto; almeno per quel che riguarda la scelta di una parte in un determinato film e l’emozione di incontrarsi con personaggi squilibrati, teneri e appassionati a modo loro. L’attore romano, presente al Bif&st di Bari per ricevere il premio Vittorio Gassmann in Non essere cattivo, ha conquistato il riconoscimento all’unanimità – così ha dichiarato la critica cinematografica Alessandra Levantesi Kezich – e attraverso un consenso silenzioso che ha coinvolto tutti i membri della giuria.

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Lui, senza il suo Cesare di Non essere cattivo e lo Zingaro di Lo chiamavano Jeeg Robot appare vergognarsi un poco della propria nudità personale; e di fronte alle domande dirette – che gli sono state rivolte durante un incontro presso il Teatro Margherita – cerca la semplicità della battuta alternandola con risposte più profonde. Ecco cosa ha raccontato. 
 
Fino ad adesso hai interpretato personaggi difficili e complessi; come ci si avvicina a ruoli di questo tipo?
 
Innanzitutto succede che qualcuno ti chiami per un provino (ride ndr). Poi esiste l’importanza degli incontri. Nel mio caso è stato emozionante sentirsi chiamare da Valerio Mastandrea per il provino del ruolo di Vittorio (poi assegnato ad Alessandro Borghi ndr). E così mi è accaduto di ricevere la sceneggiatura e durante la lettura delle ultime dieci pagine accorgermi di avere il fiatone. La mia ragazza lo ha notato e mi ha chiesto cosa mi stesse succedendo. Poi ancora l'emozione di incontrare Claudio Caligari, che è stato un uomo di cinema, fatto di cinema. Io mentre preparavo Vittorio però pensavo a quanto fosse figo il personaggio di Cesare. Ai primi due provini ho sempre fatto Vittorio. Poi al terzo mentre provavo con Claudio lui fa il gesto con la mano, come a dire cambia, e mi chiede di provare invece Cesare. Io la parte la sapevo un po’ perché sentivo le battute da giorni pronunciate dagli altri, E allora l’ho fatto. Poi è arrivato Alessandro Borghi per fare Vittorio e vi giuro che è stato subito amore. Provavamo la scena degli schiaffi – nel ciak vero e proprio l’abbiamo fatta circa 56 volte – e io già guardandolo negli occhi sentivo quella connessione. 

 
Hai sempre fatto ruoli nei quali la fisicità è importante...
 
Per me è una fortuna quando un regista lavora così sul corpo. Per Claudio per esempio eravamo troppo in carne sia io, sia Alessandro. Abbiamo perso entrambi quasi otto chili. Per La solitudine dei numeri primi invece ne avevo presi quasi venti. Il cinema è così; più aggressivo del teatro. 
 
Però appena uscito dall’Accademia Silvio d’Amico hai cominciato subito al cinema con un ruolo da protagonista...
 
Sì. Dopo l'Accademia c’è stato il ruolo di La solitudine dei numeri primi. Dopo però sono stato molto fermo è ho dovuto ricominciare. C’è stato un inizio forte e poi uno stop. 
 
Tutti personaggi molto istintivi comunque....
 
Sì ed è bello. Mi diverto molto a distruggere i muri. L’ho fatto due volte. Sia con Cesare in Non essere cattivo, sia con lo Zingaro di Lo chiamavano Jeeg Robot. Uno è un fumetto quasi, per l’altro ho fatto invece il ragazzo di vita. 
 
Come hai lavorato per interpretare il ruolo di Lo zingaro?
 
Allora, premetto: io non lo so fare il cattivo. Non mi riesce davvero. Però mi ricordavo delle cose che mi avevano spaventato da piccolo. A otto anni ho visto Il silenzio degli innocenti e ho avuto paura. Tutti quei personaggi erano sì cattivi, ma erano così terribili perché avevano grossi drammi dietro. Lo Zingaro io cercavo di renderlo in maniera subito romantica. Gabriele (Mainetti regista del film ndr) mi riportava invece con i piedi per terra; a Tor Bella Monaca
 
La scena della canzone era già in sceneggiatura?
 
Sì ma con un’altra canzone. Non ricordo quale. Poi abbiamo visto su YouTube l’esibizione di Anna Oxa a Sanremo. Non so avrà avuto sedici anni. Era bellissima e altissima. E abbiamo preso quell’esibizione come icona per lo Zingaro. Al suo personaggio piacciono le donne italiane anni ’80. 
 
Come sceglie i copioni Luca Marinelli?
 
Oddio non ne arrivano poi così tanti. Adesso dai un po’ meglio. Comunque li leggo, e se mi piace, mi piace. Me ne accorgo perché certe volte comincio a dire le parole del testo ad alta voce.