Torino Film Festival 2014
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A Second Chance – La recensione da Torino

Susanne Bier torna con un tetro melodramma famigliare ricco di colpi bassi e povero di contenuti

En chance til - A Second Chance

26.11.2014 - Autore: Marco Triolo
Dopo una parentesi romantica (Love Is All You Need) e una hollywoodiana (Una folle passione), Susanne Bier torna alla sua terra d'origine, la Danimarca, e su temi a lei più consoni con En chance til – A Second Chance, melodramma famigliare con risvolti macabri che racconta di una coppia in crisi dopo la perdita del figlio neonato.

Andreas (Nikolaj Coster-Waldau, il Jaime Lannister de Il trono di spade) è un poliziotto che, non potendo sopportare lo stato di depressione in cui cade la moglie dopo la tragedia, decide di sostituire il bambino con quello di una coppia di tossici che hanno avuto problemi con la giustizia. Ma le cose ovviamente non andranno come Andreas si aspetta, perché è impossibile cancellare un trauma con l'inganno.

A Second Chance vorrebbe raccontare l'elaborazione di un lutto, vorrebbe scavare nei rapporti famigliari, vorrebbe realizzare uno spaccato della società danese accostando una famiglia borghese a una ai margini. Vorrebbe insomma parlare di temi importanti. Il guaio è che la Bier sceglie la strada più facile e allo stesso tempo irritante per farlo: i colpi bassi. In una serie di sequenze dure da digerire, la regista ci mostra il corpo senza vita di un neonato, un altro sporco di feci perché mai accudito. E poi alcolizzati, tossici, aspiranti suicidi. Una tragedia dietro l'altra finché la misura si colma del tutto e il bicchiere trabocca.

Una visione talmente cupa e disperata della società che rasenta il comico involontario. Come è abitudine della Bier, il finale è meno pessimistico di quello che ci si aspetta dal resto della storia, perché in fondo uno dei suoi temi ricorrenti è che, per quanto il mondo possa fare schifo, c'è sempre un modo per superare tutto. Eppure è impossibile condonare un'opera così gratuitamente scioccante. Perché un conto è assestare un bel pugno nello stomaco, un altro tentare di attirare l'attenzione per poi non avere nulla di sostanzioso da dire. Un'altra chance la daremo volentieri a Susanne Bier, ma non a questo maldestro drammone con la sensibilità da tabloid.