Festiva di Cannes 2018
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La recensione di Summer, dalla Russia con amore... per il punk rock 

Il film di Kirill Serebrennikov è stato presentato in Concorso al Festival di Cannes, ora è arrivato nei cinema italiani

16.11.2018 - Autore: Pierpaolo Festa, nostro inviato al Festival di Cannes
Dalla Russia con amore, l'amore per il punk rock. C'è stato un tempo in cui i signori Marc Bolan, David Bowie, Lou Reed e Bob Dylan sono arrivati anche oltre la cortina di ferro. La loro musica almeno. Summer cattura in pieno quel periodo. L'Unione Sovietica dei primi anni Ottanta rivive nel film di Kirill Serebrennikov, già regista di Parola di Dio




Lontana quasi quarant'anni e con tutti i suoi tremila chilometri di distanza dal nostro mondo. Ma forse mai stata così vicina. La Russia raccontata da Serebrennikov è un posto che si fa scoprire dagli spettatori con occhi affamati. Sin dalla prima scena tra noi e questi personaggi non c'è alcuna barriera. La macchina da presa ci invita immediatamente a un concerto dove la rockstar sul palcoscenico canta in russo e la forza della melodia è al pari di quella delle band anglofone. Siamo lì, sul palco con loro, tutto è perfetto e l'energia gira a pieno regime. La macchina da presa si allontana per mostrarci la platea composta da fan e groupie che espongono cartelli d'amore per i loro eroi. Improvvisamente vengono messe a tacere dal servizio di sicurezza, giudicate troppo poco composte secondo i canoni della "grande madre Russia". Bastano questi primi minuti del film per capire che l'epoca punk-rock ha avuto i suoi effetti anche nell'USSR, provando ad aprire la mente dei giovani non omologati al regime. 
 
Il punto di forza del film di Serebrennikov è il tono, una sinfonia punk-rock che si sviluppa su diversi generi cinematografici: c'è il dramma, ci sono momenti musical allucinogeni (a volte siamo dalle parti di Across the Universe), c'è una riflessione storica su un determinato periodo di risveglio anche nel più freddo dei territori. Tutti registri a cui l'autore si affida per rendere più dinamico il primo genere del suo film: il biopic. Leto è infatti la cronaca dell'ascesa al successo di Victor Coj (si pronuncia Tsoy),  icona della musica in Russia, morto solo a 28 anni, lanciato sulla scena dall'allora più famoso Mike Naumenko (interpretato da Roma Zver una vera rockstar in patria, e sullo schermo praticamente la versione russa di Robert Carlyle). Il loro rapporto mentore/allievo si è poi sviluppato con tensioni e divergenze creative (erano due personalità diverse e il film mostra anche come Tsoy si sia invaghito della moglie di Naumenko). 


 
Non siamo dalle parti del film biografico standard, Leto parla di un periodo di risveglio dei russi, provocato dal grande potere della musica. Pensieri e parole potenti ed eterne, in grado di valicare qualsiasi confine. Potremmo tracciare un paragone un po' esagerato chiamandolo la "versione sovietica di Almost Famous". Furbo nella confezione stravagante, ma allo stesso tempo ipnotico e pieno di idee originali, Summer è stato presentato in Concorso a Cannes 71 e dal 15 novembre arriva nelle sale italiane nel suo splendido bianco e nero. 

Summer è distribuito nei cinema da I Wonder Pictures.
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