Festiva di Cannes 2017
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Cannes: Alfonso Cuaron rivela tutto su Paradiso perduto, il suo peggior film

Il regista messicano, premio Oscar per Gravity, racconta i segreti dai suoi set

26.05.2017 - Autore: Pierpaolo Festa, nostro inviato a Cannes (Nexta)
Cannes - "Non vedo mai i miei film. Penso a loro come se fossero ex mogli. Le ho amate, ci siamo dati tutto. Ci vogliamo bene a distanza. Non voglio più vederle però". A cinquantacinque anni Alfonso Cuarón ha diretto diversi cult e un capolavoro come I figli degli uomini. C'è però un film nel suo curriculum di cui il regista messicano si vergogna. "Dobbiamo proprio parlare di quel film?" - afferma Cuarón nel corso della masterclass tenuta al Festival di Cannes. 
 
Paradiso perduto è il film che ha diretto nel 1998, interpretato da Ethan Hawke, Gwyneth Paltrow e Robert De Niro e basato su Grandi speranze di Charles Dickens. "E' un film che ho dovuto fare - racconta Cuarón - Passavo un periodo difficile, e mi servivano i soldi. Sono stato convinto dallo studio dopo che avevo detto loro di no per tre volte". Paradiso perduto racconta del giovane artista Finn e della sua ossessione per la fredda e affascinante Estella, femme fatale e musa ispiratrice. Riesce a conquistarla. A quel punto i suoi sogni e le sue paure si materializzano nello stesso momento.
 


"La sceneggiatura non mi piaceva - racconta Cuarón - ma continuavo a ripetermi: 'la compenseremo con altre cose'. Non ha funzionato. Ho fatto il film sbagliato. Non sapevo cosa stessi facendo ed è stata un'esperienza orribile". Il regista continua: "Molte inquadrature sono bellissime, ma quello è merito di Emmanuel Lubezki che ha curato la fotografia. Il film è tratto da Grandi speranze ma la verità è che da messicano non ho mai provato questa riverenza per Dickens. Sono stato uno stupido. Hollywood mi ha convinto che ero solo un regista su commissione e non uno sceneggiatore. E ci ho creduto. Colpa mia. Solo mia. Detto questo se non avessi mai girato Paradiso perduto, allora non avrei potuto fare il mio film successivo. Y tu mamá también". 
 
Da Y Tu Mama Tambien al miglior Harry Potter
"Ero a Venezia e a Toronto con Y tu mamá también e avevo già scritto un copione per il mio film successivo. Era il 2001 e i produttori si sono rifiutati di finanziarlo. Era I figli degli uomini. Ero di nuovo povero, al punto che non potevo nemmeno girare film in Messico. Improvvisamente mi hanno offerto Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Volevo dirgli di no. Ne ho parlato con Guillermo del Toro ed è stato lui a chiedermi: "Hai letto i libri di Potter?". E io: "Ho visto i primi due film della saga e non mi dicono niente". "Ma hai letto i libri?". E io: "No, mai". E lui: "Maledetto bastardo arrogante! Comprati un cazzo di libro della saga e richiamami". Aveva ragione". 

 
Cuarón continua: "Sono passato da un film incentrato sul sesso alla saga di Harry Potter. A quanto pare J.K. Rowling aveva adorato La piccola principessa. Una volta accettato il lavoro, ero subito interessato all'aspetto contemporaneo e sociale di Harry Potter. Lo vedevo come un personaggio drogato di pericolo. Un addicted. L'ho trattato così. Prima di combattere i mostri cattivi, mi interessava parlare di lui. Per questo ho chiesto a Daniel Radcliffe di guardare I 400 colpi. Chiedo spesso ai miei attori di guardare un determinato film o leggere un libro. E' una scorciatoia per aiutarli a entrare nel personaggio: vedi i 400 colpi e capisci subito che l'obiettivo era portare in scena un naturalismo nelle performance". 
 
Il capolavoro: I figli degli uomini
"Presentavo Y tu mamá también a Venezia e Toronto. Il giorno dopo era l'11 settembre 2011. Una volta viste quelle immagini avevo trovato la chiave di ingresso de I figli degli uomini. Non mi interessava fare un film di fantascienza. Quello che mi interessava era fare una riflessione sulla realtà e sulla società contemporanea. Siamo arrivati sul set, tenendo a mente tutte le guerre degli ultimi dieci anni. Poi ho studiato La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. L'ho mostrato a Clive Owen e a quel punto lui aveva capito tutto". 

 
L'ultimo film: Gravity
"Gravity non è un film a cui ho pensato per tanti anni nella mia testa. Ero arrivato a un momento in cui potevo facilmente raccogliere il budget per un film o l'approvazione di uno Studio. Ho scritto un primo trattamento di Gravity insieme a mio figlio Jonas... ci abbiamo messo soltanto nove ore! Eravamo ispirati dal film Un condannato a morte è fuggito di Robert Bresson, una storia sul concetto più forte di libertà. Siamo partiti da lì. La prima versione della sceneggiatura aveva solo un personaggio. E nessun dialogo. Anche in questo caso non mi interessava girare un film di fantascienza: tutto quello che mostriamo esiste veramente o potrebbe accadere. Si tratta di fatti veri".