Biennale Venezia 2014
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The Postman’s White Nights – La recensione da Venezia

Andrei Konchalovsky convince con il suo dramma tra realtà e finzione

The Postman's White Nights

06.09.2014 - Autore: Marco Triolo, da Venezia
Tra cinema e realtà, Andrei Konchalovsky firma una delle opere più riuscite viste a Venezia 2014. Regista poliedrico, Konchalovsky nella sua carriera è passato con disinvoltura da Siberiade a Tango & Cash, da Maria’s Lovers a Lo schiaccianoci 3D. Ora si lascia alle spalle le sovrastrutture del cinema di finzione per girare una storia (ancora di finzione) con attori che non sono attori, utilizzando il digitale, la luce naturale e privandosi per scelta di trucco e costumi.

The Postman’s White Nights è la storia di un postino (la rivelazione Aleksey Tryapitsyn), unico collegamento con la società di un paesino sulle rive di un lago, che lui attraversa ogni mattina con la sua barca per ritirare la posta e svolgere commissioni a nome degli abitanti. Un giorno gli rubano il motore della barca e la sua routine va in pezzi.

Il film racconta una crisi esistenziale, ma lo fa attraverso uno sguardo reale, evitando le forzature melodrammatiche del cinema. Il ritmo di The Postman’s White Nights è infatti lento e meditabondo, la svolta non arriva prima di un’ora di film e le sue ripercussioni non sono poi così drastiche. Perché se al cinema la regola è che un personaggio debba finire in un posto (non necessariamente fisico, ma interiore) diverso da quello di partenza, nella vita di tutti i giorni è più facile restare intrappolati in uno stesso luogo per tutta la vita.

La regia di Konchalovsky è secca e precisa, la fotografia digitale perfetta. E nonostante la stretta attinenza al reale, il sound design mette in ginocchio qualunque produzione italiana. Grande cinema fatto con piccoli mezzi, ma sempre grande.

Per saperne di più, leggete la nostra intervista a Konchalovsky.