In un Festival finora senza guizzi, fa piacere vedere finalmente un'opera come Loin des hommes. David Oelhoffen ha confezionato un viaggio cinematografico e interiore di grande intensità ma anche rigore, capace di far parlare gli sguardi e le azioni dei personaggi senza aggiungere inutili postille didascaliche nei dialoghi e nella messa in scena. Al contrario, tutto viene asciugato il più possibile e la colonna sonora non ci dice mai dove dobbiamo commuoverci: basta un breve scambio di battute o un'occhiata per raccontare un intero universo interiore di esperienze e valori.
La storia, scritta dal regista, è quella di un insegnante di francese in una scuola dispersa tra i paesaggi brulli dell'Algeria negli anni '50, nel corso della guerra d'indipendenza dalla Francia. Il protagonista, Daru (Viggo Mortensen) è figlio di spagnoli trapiantati in un paese vicino e parla perfettamente francese ed arabo. Un giorno gli viene affidato un compito: consegnare alle autorità Mohamed (Reda Kateb), un uomo accusato di avere ucciso suo cugino. Daru inizialmente non ne vuole sapere, ma poi scopre le vere motivazioni dietro l'azione di Mohamed e la sua incomprensibile determinazione a farsi giustiziare.
Si potrebbe usare la parola “bromance” per definire il rapporto tra i due protagonisti, se non fosse che il film è ambientato in un'epoca antecedente alla sua invenzione, quando gli uomini erano uomini e non confessavano mai i propri sentimenti a parole, ma li esprimevano solo attraverso le azioni. Eppure l'amicizia e il rispetto che si instaura tra questi due esuli, chi per un motivo o per l'altro, è davvero commovente e regge il film. Merito anche delle interpretazioni assolutamente eccezionali di Viggo Mortensen e Reda Kateb. Mortensen è notoriamente poliglotta e solo lui avrebbe potuto interpretare in maniera convincente un personaggio colto, aperto alle altre culture e portato per le lingue. Ed è bellissimo scoprire la psicologia di Daru e il suo passato goccia a goccia: non è francese, e per questo all'inizio lo riteniamo un apolide, almeno finché non si scopre che in realtà lui si sente algerino al cento percento. “Sono nato due villaggi più in là”, dice a un certo punto a un amico ribelle che lo vorrebbe fuori dal paese per evitargli i guai riservati ai coloni. Un monito che può applicarsi anche a tante guerre odierne: è nascere in una terra che stabilisce la nostra nazionalità, non un passaporto o la lingua dei nostri genitori.
Loin des hommes è un road movie spirituale, un viaggio attraverso una terra colpita dalla guerra, in cui amici fraterni sono disposti a uccidersi e l'ideologia mette come sempre a repentaglio la pace. Un mondo in cui la fuga sembra essere, tristemente, l'unica soluzione praticabile per continuare a vivere. Che poi è la cosa più importante.
Loin des hommes non ha per ora una distribuzione italiana.
Per saperne di più sul Festival di Venezia, seguite il nostro speciale.
NOTIZIE
Loin des hommes – La recensione da Venezia
Un eccezionale Viggo Mortensen nel road movie desertico di David Oelhoffen
31.08.2014 - Autore: Marco Triolo