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VIPERA

VIPERA

vipera

11.05.2001 - Autore: Monica Scatena
Parallelamente ad uno scorcio di storia italiana, quello che va dalla caduta del regime fascista alla seguente vittoria democristiana, si svolge la vicenda umana di Rosetta. In Sicilia, durante la seconda guerra mondiale un maresciallo (Harvey Keitel), abbandonato dalla moglie, che lui chiamerà Vipera dopo la fuga con un altro uomo, vive di stenti con Rosetta (Larissa Volpentesta), la piccola figlia. Termina la guerra, ma le cose non migliorano, la ragazzina verrà violentata da un ex-gerarca (Giancarlo Giannini) ma tacerà la vergogna al padre, dedito allalcool e che morirà in maniera misteriosa. Negli anni 50 Rosetta, dopo aver trascorso un periodo in un convento, va alla disperata ricerca del figlio (concepito in seguito alla violenza subita). Inizia così il peregrinare della giovane donna, che rincontrerà la madre e spererà di vivere con lei un rapporto sereno, ma dopo un violento litigio si allontanerà definitivamente. Così Vipera, abbandonata prima dal marito poi anche dalla figlia, cadrà nella disperazione e in un atto di follia, si offrirà nuda per strada a chiunque possa desiderarla. Intanto Rosetta continuando il suo viaggio, dopo aver alloggiato nella dimora di prostitute danimo nobile, incontrerà un ragazzino, forse suo figlio (lo si immagina anche grazie ad una estrema somiglianza fisica tra i due), e si affezionerà a lui trovando un po della tanto desiderata serenità.   Il commento La sceneggiatura, firmata da Vincenzo Cerami e Sergio Citti, conquista soprattutto per lidea di una doppia maternità disperata e solare insieme, di una madre e di una figlia, a sua volta madre. Arriva come un pugno allo stomaco la scena che apre il film, girata in uno squallido ostello in cui un ubriaco Harvey Keitel chiede alla piccola figlia di alzarsi la gonna per mostrare a tutti in che modo era stato abbandonato, anni prima, dalla moglie. Nella crudezza delle scene, nella disperazione dei personaggi senza via duscita e nellambientazione siciliana del secondo dopoguerra, è possibile rinttracciare elementi della nostra migliore stagione cinematografica, quella del Neorealismo. Nel primo tempo giganteggiano i due ruoli maschili di cui sia Harvey Keitel sia Giancarlo Giannini riescono a modulare al meglio le umane sfaccettature di personaggi psicologicamente tanti diversi eppure, paradossalmente, così speculari nella rabbiosa violenza nelle strategie innescate dalla speranza, unico denominatore comune dei buoni e dei cattivi, ultimo approdo vero di ogni uomo. Tutto il film è pervaso da una atmosfera cittianamente neorealista, scivolando qua e là nel grottesco, trattandovi la disperazione con ironia e strappando qualche amaro sorriso. In questi punti che forse sono i più alti della pellicola, Citti, come precedentemente Fellini aveva fatto nella Strada e in altri suoi capolavori, riesce a descrivere la solitudine e lo squallore umano attraverso la caricatura dei personaggi, trasformando il tragico in comico. E` emblematica limmagine di Rosetta che parlando alle prostitute ammette umiliata di non aver concepito il figlio grande ad un grande amore ma di essere stata violentata, suscitando il loro ( al posto di desolante imbarazzo) una chiassosa risata, perché in fondo, dice una di loro tutte noi siamo violentate ogni giorno.   In sintesi. Contrastano i colori solari e i personaggi mediterranei, magistralmente fotografati da Blasco Giurato, ai quali fa da sottofondo la musica di Nicola Piovani, con la tragicità di tutta la storia, ma non mancano comunque episodi divertenti. E poi consola un lieto finale che, a differenza del neorealismo, che per amor del vero non dava mai possibilità di riscatto ai suoi protagonisti imponendo sempre strazianti conclusioni, vede Rosetta trovare complicità nel suo presunto figlio e con lui forse la serenità.   Il giudizio Il film incalzante nel primo tempo che vede protagonisti due mostri sacri come Harvey Keitel e Giancarlo Giannini, forse perde un podi ritmo nella seconda parte in cui i due ruoli machili escono di scena.    
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