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Unfriended - La nostra recensione

Attenzione a quali amicizie cancellate da facebook, potrebbe essere una pessima scelta. Non la sola, in un film che gioca con il nostro rapporto con la rete ma non completa le sue premesse.

03.06.2015 - Autore: Mattia Pasquini
Prima di Unfriended, il regista sovietico (oggi georgiano) Levan Gabriadze aveva diretto una commedia gay con Milla Jovovich e due segmenti di film natalizi, tutti russi. Un successo personale, quindi, l'aver superato i confini patri con una coproduzione capace di arrivare nelle sale statunitensi. E con una stragegia oculata che glielo ha permesso, pur con mezzi - anche volutamente - limitati, sfruttando un genere in deciso calo di gradimento e proponendone una variazione quanto meno intelligente.

Come fece The Blair Witch Project a suo tempo, anche Unfriended costruisce un intera narrazione in maniera inammissibile, ignorando criteri spaziali e regole strutturali e rendendoci partecipi più che spettatori di una unica drammatica videochat di gruppo lunga quanto il film. Una convenienza notevole a livello di budget, un rischio altrettanto grande per un film che deve tenere alta la tensione in maniera equilibrata.


Una certa grossolanità estetica segue la scelta realistica di fondo, ma come quella mostra la corda sul lungo. Con buona pace del legame tra significante e significato di un horror più classico del previsto nel contenuto e fin troppo indefinito nello svolgimento. La catena di omicidi e il tutti contro tutti che ci arriva dalle varie 'finestre' in cui è costantemente diviso lo schermo infatti restano piuttosto fini a se stessi, privati di una premessa (dalle radici troppo deboli) e di una conclusione soddisfacente. E forse di una idea che andasse oltre la forma scelta di cui si è detto.

La parte migliore tutto sommato resta la sottotrama scolastica e social, con la denuncia del cyberbullismo e della tendenza diffusa su internet a nascondersi dietro uno schermo per vomitare le proprie critiche con violenza dando sfogo alla intolleranza più bieca, senza i filtri che non sentiremmo come imposti in una normale interazione sociale. In questo senso una interessante e realistica rara rappresentazione dell'evoluzione di una realtà che tutti viviamo.


Ma nel continuo passaggio tra privato e più privato - fintamente pubblico - non c'è una vera e propria condanna. Più un rassegnato osservarsi/ci come vittime di una comune sindrome della risposta compulsiva, del 'like' a prescindere, della credibilità concessa senza meriti reali, della tentazione del branco. Tutto purtroppo, come anche la parte più thriller (e horror, persino soprannaturale) vittima di un accumulo che non fa il bene della vicenda. Che si riduce a un frullato di efferatezze (come quello mostrato anche nel trailer da una delle scene più forti), senza un'anima, senza coerenza, senza un fine.

Le accuse diventano condanne, per la vittima di allora e quelle di oggi, mentre il ritmo del 'gioco' prosegue senza svolte, finendo con il rimanere l'ennesima traduzione dei famosi dieci piccoli indiani. Un film capace di coinvolgere e conquistare solo quanti si riconosceranno - più o meno consapevolmente - in certe tipologie. Istintivamente, però, che dei personaggi non è mostrasto più di quanto appare nella chat. Una bidimensionalità, una piattezza, che se fosse voluta sarebbe emblematica di un interessante specchiamento antropologico. Prababilmente assente. Un paio di trovate nella parte conclusiva spezzano l'inerzia, ma non ci salvano da una indefinitezza di fondo che purtroppo rende questo Unfriended solo uno spunto che altri potranno sfruttare.


Unfriended, nelle sale italiane dal 18 giugno 2015, è distribuito da Universal Pictures