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Un uomo tranquillo, Liam Neeson lascia una scia di sangue in mezzo alla neve - La recensione

Un padre che deve vendicare la morte del figlio, l'umorismo nero e l'azione sfrenata, in un'atmosfera surreale

06.02.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
In inglese s’intitola Cold Pursuit, in italiano hanno scelto di “tradurlo” in Un uomo tranquillo, richiamando il classico di John Ford. In quello del 1952, John Wayne tornava in Irlanda, per riscoprire la giovinezza, costruire un immaginario con il bacio sotto la pioggia a Maureen O’Hara, e lanciarsi in una scazzottata da antologia. Inutile fare paragoni: vicende diverse, il verde che si contrappone al candore della neve, i toni diametralmente opposti. Però in comune i due protagonisti hanno la morte.

Sean Thornton, interpretato da Wayne, doveva fare i conti con un incontro sul ring finito male, il “cittadino modello” di Liam Neeson è un padre a cui hanno portato via il figlio. Entrambi sono uomini tranquilli, fino a quando non si scatenano. Così nasce un revenge movie all’apparenza molto classico, che trova la sua originalità mescolando i generi. Le note da black comedy sono intense, si respira qualche atmosfera western (specialmente nella colonna sonora), e si strizza l’occhio ai Coen, a Tarantino e a I segreti di Wind River di Taylor Sheridan.



È una sfida tra i ghiacci, dove bisogna destreggiarsi fra trafficanti di droga senza scrupoli, indiani tutt'altro che amichevoli, poliziotti poco svegli e famiglie alla deriva. Spesso la macchina da presa riprende la via principale dello sperduto paese, con qualche edificio ai lati e la montagna sullo sfondo. Mancano solo i cavalli e il saloon per sentirsi nel West. Il paladino del “villaggio” è un Neeson piuttosto riflessivo, che al cinema ancora una volta deve difendere la famiglia, da Io vi troverò a Run All Night – Una notte per sopravvivere. I cattivi sono avvisati, ma non perdono il vizio, e il massacro è assicurato.

I cadaveri non si contano, i criminali affilano le armi, e il nostro eroe scatena il panico restando nell’ombra. Nessuno sospetta di lui, per la città è un punto di riferimento, un esempio da seguire. Il valore aggiunto di questa mattanza è l’umorismo nero, la spinta sull’acceleratore del grottesco. Dopo ogni omicidio, sullo schermo compare il nome del malcapitato e anche i titoli di coda sono in ordine di sparizione. E non è un caso.


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Un uomo tranquillo è il remake in salsa americana del norvegese In ordine di sparizione, e il regista è sempre lo stesso: Hans Petter Molland. Prima di lui, erano riusciti a riproporre le loro storie anche in inglese Takashi Shimizu con The Grudge e Michael Haneke con Funny Games, senza dimenticare George Sluizer e l’intrigante Il mistero della donna scomparsa.

In Un uomo tranquillo l’ironia è molto più marcata rispetto alla versione precedente, e Molland ha comunque mantenuto quello spirito surreale che caratterizzava il primo film. Nelle sequenze d’azione i rallenty abbondano (siamo a metà strada tra Sam Peckinpah e John Woo) e il sangue è la portata principale. Sullo sfondo, il paesaggio sempre bianco, le urla che si perdono nel silenzio e nella quiete della natura, che ovviamente non si cura della follia umana.

Il film uscirà nelle sale il 21 febbraio distribuito da Eagle Pictures.

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