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Ubriaco d'amore

Una storia leggera, quasi improbabile, ma molto affascinante. Un mix di idee, demenzialità e talento visivo, un po' alla fratelli Coen.

Cannes 2002

12.04.2007 - Autore: Luigi Sardiello
Punch'Drunk Love
Regia di Paul Thomas Anderson
con Philip Seymour Hoffman, Adam Sandler e Luis Guzman

E' l'alba di un giorno di lavoro. Un uomo tempesta di telefonate gli uffici marketing di alcune aziende per assicurarsi qualche altra migliaia di chilometri in viaggi aerei gratuiti. Poi esce dall'ufficio con un bricco di caffe' in mano e vede sotto i suoi occhi una macchina che piroetta in aerea quattro cinque volte fino a disintegrarsi al suolo. Dietro di lei, un furgoncino si arresta davanti al suo ufficio e deposita in strada un pianoforte. L'uomo rientra in ufficio e si rimette a lavorare come se nulla fosse accaduto.
Fin dall'inizio, "Punch-Drunk Love" si dichiara come un mix di idee, demenzialità e talento visivo, un po' alla fratelli Coen. Peccato che andando avanti si confermi tutto questo senza però l'aggiunta della sostanza, della profondità, della storia.


Perché, a volerlo raccontare senza mostrarlo, "Punch'Drunk Love" potrebbe tranquillamente passare per una commediola sentimentale o per un filmetto demenziale. Altro non è, vista da fuori, la vicenda di David, soprannominato "Pudding Guy" proprio per la sua mania di collezionare migliaia di chilometri in viaggi aerei prevalentemente attraverso i "pudding" e Lena, carina e spaesata, che invece il mondo lo gira e lo vede dal cielo per lavoro. Tra i due l'attrazione c'è subito ma fatica a concretizzarsi, anche perché Paul oltre ai coupon colleziona stranezze e complicazioni di ogni tipo. E così, tra pugni (Punch) contro le toilette o gruppi di malfamati che vogliono incastrarlo e ubriacature del cuore e della mente (Drunk), alla fine, inevitabile come in una cartolina, sarà amore (Love).


E tuttavia, a vedere le cose con occhio cinematografico, che Paul Thomas Anderson, già giustamente consacrato da pubblico e critica per "Boogie Nights" e "Magnolia", sia un regista di talento, questo film lo conferma sicuramente. Come in "Magnolia" aveva lavorato sulla complessità dell'intreccio, la perversione delle situazioni, le ombre nei protagonisti, qui lavora in modo completamente opposto sulla semplicità, la leggerezza, la luce. Varando i meccanismi della tensione e della sorpresa su un impianto romantico assolutamente, fin troppo, classico. Altrettanto straordinario il lavoro sugli attori. Se Emily Watson aveva già dato prova di un ecclettismo che le aveva consentito di passare da ruoli drammatici ("Le onde del destino") a quello piu' brillanti ("Gosford Park"), con Adam Sandler Anderson compie un'operazione analoga a quella che Peter Weir aveva realizzato con "Truman Show". Prende l'attore-box office di "Waterboy" e lo trasforma in un tenero, agrodolce, impalpabile border line della vita. Il risultato è straordinario. E la gente alla fine applaude, ma con il rimpianto intimo di non potere applaudire di piu'. Perché non si può non pensare a cosa sarebbe stato questo "Punch-Drunk Love" con la profondità di Magnolia.