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Torna The Grudge, il reboot che mischia lo stile giapponese e quello americano

Il nuovo film ambisce a un connubio tra la saga giapponese e quella statunitense. Ne esce un dubbio incrocio

The Grudge

25.02.2020 - Autore: Francesco Milo Cordeschi
A distanza di undici anni dall'ultimo capitolo, torna The Grudge. Questa volta, però, non si tratta di un seguito ma di un reboot del primo capitolo del franchise che fruttò la fortuna della Ghost House Pictures di Sam Raimi e dell'eterno amico Robert Tapert. La protagonista è ancora una volta una misteriosa casa, vittima di una maledizione: l'abitazione ospita un fantasma vendicativo che punisce chi vi entra con una morte violenta.

 
La saga
 
Era il 2004 quando Takashi Shimizu realizzava, per il mercato americano, un remake in lingua inglese del suo Ju-on, uscito quattro anni prima. The Grudge si imponeva nel mercato cinematografico con oltre 180 milioni di dollari totalizzati a livello planetario: una cifra che contravvenne a qualsiasi previsione, al punto da chiamare a sé due seguiti “apocrifi”, lontani dal canone introdotto dalla trilogia in lingua giapponese di Takashi Shimizu. Lo stesso regista, reclutato come autore dei remake statunitensi, pose al tempo il concept su un’intelligente prospettiva multiculturalista: il confronto tra il visitatore occidentale spaesato e l’oltreconfine, nelle sue espressioni più ignote, irrazionali e occulte (in questo caso l’Onry?, il fantasma assetato di una vendetta insaziabile, a seguito di un morte efferata). Forte dell’irrinunciabile lezione impartita da The Ring di Hideo Nakata, di cui Shimizu fu allievo, il filone tentò più avanti (con esiti già all’epoca fumosi) di creare un ponte tra i generi: tra il detection, o giallo di ricostruzione, di matrice anglosassone e le sfaccettature psicologiche tipiche del J-Horror.


Il reboot
 
Il nuovo lungometraggio a firma di Nicolas Pesce, giovane cineasta cresciuto nel circuito indipendente e tra i parterre del Sundance Film Festival, riserva solo una fugace introduzione a Tokyo, presentata prima come megalopoli in campo lungo e poi nell’intimità dei villini residenziali: la nuova vicenda si articola interamente negli Stati Uniti, tra le vastità sperdute e le strade “a righello” della Pennsylvania. In linea con l’intreccio originale, la narrazione si snocciola su piani temporali misti, gli stessi degli episodi precedenti: dal 2004, anno della scoperta della casa maledetta in Giappone, per arrivare al 2006, in cui la furia dello spettro di Kayako, trasfiguratosi ambiguamente in demone, valicava i confini perimetrici, cui era ristretto, per propagarsi in America. Ed è proprio l’America uno dei tratti distintivi del film di Pesce: lo si percepisce in primis dal suggestivo protagonismo affibbiato al paesaggio, alla sua natura selvaggia e sterminata, in apparente dissonanza con le anguste mura che arginano l’abitazione “infestata”. C’è America anche nell’impianto stilistico adottato, nelle sfumature poliziesche debitrici di un registro alla True Detective. Ad animare l’azione sono infatti due agenti intenti a risalire alla fonte di una lunga e misteriosa scia di vittime. Un caso che pare avere come unico fulcro un cruento omicidio di massa avvenuto tempo addietro.


In breve
 
Presupposti di indubbio pregio, che sembrano anticipare un “rilancio” degno di definirsi tale. Non mancano in effetti elementi inclini a un gusto ipermoderno: dal voler amalgamare momenti mélo ad altri più tesi, fino a dei blandi ribaltamenti di genere (la sequenza della doccia, tra i must della saga, vede stavolta coinvolto un uomo e non più una donna). Il tutto collima però a fatica con i momenti propriamente “orrorifici”, il più delle volte succubi dell’imperante modello “jumpscare” e di sensazionalismi gore assai fallaci. A poco servono le atmosfere cupe e plumbee, figlie in parte del contributo di Jeff Buhler, co-autore dell’ultimo Pet Sematary, e tanto meno i riferimenti, non troppo nascosti, a Richard Matheson. Il risultato è un ibrido che, se da un lato convince per la sua identità editoriale, pecca di una costruzione scenica non particolarmente ricercata, rifugiandosi nel rassicurante territorio dell’horror commerciale.
 
The Grudge è distribuito in Italia da Warner Bros.