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The Idealist - La recensione da Torino

Un thriller d'inchiesta danese che attraversa anni '80 e '90 per raccontare una terribile cospirazione ai danni della democrazia

The Idealist

21.11.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Qual è il prezzo della verità? Una domanda a cui spesso si è trovato a tentare di rispondere il cinema di denuncia degli anni '70, specialmente quello americano. Il thriller giornalistico o di spionaggio, in quell'epoca d'oro, ha spesso incrociato la strada di una realtà a volte più incredibile o cupa della stessa fantasia, regalandoci capolavori come Tutti gli uomini del presidente e I tre giorni del condor. Proprio a quel filone d'inchiesta si rifà The Idealist (Idealisten) di Christina Rosendahl, presentato in concorso al Torino Film Festival.

La storia, vera, è quella di Poul Brink (Peter Plaugborg), giornalista televisivo danese che, tra la fine degli anni '80 e la metà dei '90, scoperchiò il vaso di Pandora di un caso legato alla Guerra Fredda, quando la Danimarca, pur dichiarandosi paese contrario al nucleare, concesse agli americani di tenere armi atomiche nelle loro basi. Brink si fa strada attraverso una cospirazione che coinvolge i governi danese e americano, viaggia da Washington al Texas nel tentativo di fare luce su un segreto indicibile.

Idealisten ha il pregio di tenersi sempre a stretto contatto col suo protagonista: è attraverso lui, e lui soltanto, che scopriamo una verità più grande, universale. Attraverso le azioni di un singolo uomo, la Rosendahl parla di massimi sistemi: democrazia, guerra, pace, il significato di lealtà, gli obblighi dei governi nei confronti dei loro cittadini, le conseguenze del nazismo.

La regista mantiene uno stile secco e preciso, non si avventura in voli pindarici di regia ma sceglie piuttosto l'approccio semi-documentaristico, fondendo materiali d'archivio a ricostruzione fiction. The Idealist forse non sarà efficace o potente come Il caso Spotlight (visto a Venezia) ma di certo sa cosa vuole dire e lo dice con una chiarezza invidiabile.


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