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The Guilty, la recensione del locke danese dal Torino FIlm Festival

Il thriller di Gustav Moller racconta la lunga notte di un agente di polizia che risolve un inquietante caso per telefono

The Guilty

28.11.2018 - Autore: Marco Triolo
L'esordiente Gustav Möller sceglie di affidarsi a una formula già sperimentata con successo da altri registi, per il suo debutto The Guilty, presentato in concorso al festival di Torino. Il film danese, ambientato in una stazione di polizia di Copenhagen, tra gli addetti al servizio telefonico d'emergenza, segue le vicende di Asger Holm (Jakob Cedergren), un agente “in punizione” in attesa di un processo per un abuso commesso e non meglio specificato. Asger ha la tendenza a operare d'istinto, calpestando le regole, e questo lo capiamo subito quando l'agente prende fin troppo a cuore un caso di rapimento e cerca di risolverlo non curandosi della procedura.
 
Una donna è stata rapita dall'ex marito violento, che la sta portando via in furgone verso una destinazione misteriosa. I due figli piccoli della coppia sono a casa da soli. Asger tenta di gestire tutto da solo attraverso una serie di telefonate sempre più concitate. E mano a mano che indaga a distanza, il caso assume contorni sempre più inquietanti e una serie di terribili segreti vengono svelati.
 
Siamo dalle parti di Locke, il film di Steven Knight in cui Tom Hardy attraversava l'Inghilterra in auto gestendo svariate situazioni per telefono. Un altro riferimento ovvio è Buried, il thriller con Ryan Reynolds chiuso in una bara. Qui però non abbiamo un personaggio solo, ci sono i colleghi di Asger che reagiscono alle sue azioni, ma l'interazione con gli altri è tenuta al minimo e Möller resta sempre incollato al volto del suo protagonista. La tensione sale, mentre in parallelo con le rivelazioni sul caso scopriamo anche cosa Asger abbia fatto. A un certo punto, il regista lo chiude in una stanza: Asger abbassa le serrande e si isola da tutti, al buio, illuminato solo dalla luce rossa delle telefonate. Mai “discesa all'inferno” è stata così palese.
 
The Guilty è un thriller costruito con mestiere. Non raggiunge le vette di Locke, ma recupera nel reparto umano, sviscerando temi e sentimenti con un incedere a orologeria. Sappiamo che Asger ha fatto qualcosa di male, ma lo seguiamo ed empatizziamo con lui. E quando, finalmente, un personaggio gli dice “Sei un uomo buono”, ci crediamo. Il percorso di espiazione dei peccati è ben costruito, un arco di maturazione che finisce esattamente dove e come deve finire.
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