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The exorcism of Emily Rose

Rarefatto, insinuante, a tratti davvero spaventoso, il film di Derrickson deve la sua riuscita anche alla bravura degli attori protagonisti: Laura Linney, Tom Wilkinson e la giovane Jennifer Carpenter

emily rose

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
The exorcism of Emily Rose
Usa, 2005. Regia di Scott Derrickson
con Laura Linney, Tom Wilkinson, Jennifer Carpenter, Colm Feroe

Dare un giudizio definitivo e convinto su questo ambiguo ma affascinante lungometraggio di Scott Derrickson è impresa piuttosto ardua; già l’idea di partenza, quella cioè di mescolare un genere in voga come il legal-thriller con una sotto-branca dell’horror così difficile da maneggiare - la possessione demoniaca, come il titolo suggerisce - è un tentativo che va quantomeno rispettato.

Partiamo dunque dalla certezza maggiore che riguarda questo film, e cioè la messa in scena; due sono infatti i pregi che sono chiaramente identificabili in The Exorcism of Emily Rose: il primo è la bellissima fotografia in chiaroscuro realizzata da Tom Stern, qui alla sua prima esperienza lontano dal  'maestro' Clint Eastwood dopo aver curato per lui “Debito di sangue” (Blood Work, 2002), “Mystic River” (id, 2003) e “Million Dollar Baby” (id., 2004). Anche in quest’ultimo lavoro Stern dimostra una sensibilità del tutto particolare nell’illuminazione contrastata ed elegante di volti ed ambienti, arrivando ad una composizione visiva prima di tutto assolutamente valevole per la vicenda narrata, ed in secondo luogo capace di impreziosirne le molte valenze simboliche interne al film.

L’altro pregio del lungometraggio è un realismo estetico che permea l’intera messa in scena: l’uso di effetti speciali digitali è limitato al minimo, e tutte le parti della pellicola che più si avvicinano all’horror basano la propria efficacia molto più sulla suggestione che non sull’esplicitazione visiva del soprannaturale. In questo modo l’idea di fondo di questo horror, quella cioè di dibattere su una questione sempre pregnante come lo scarto tra religione e scienza – in questo caso più precisamente tra malattia mentale e vera possessione demoniaca – trova un suo notevole equilibrio nella messa in scena di Derrickson, che riesce in ogni momento a tenere in bilico (e scricchiolanti) le certezze che lo spettatore vorrebbe cercare di costruirsi a proposito della vicenda narrata.

La struttura della sceneggiatura, che alterna flashback dell’esorcismo al processo contro il prete ritenuto responsabile della morte della giovane Emily, è perfettamente funzionale a questo tipo di scelta, e costruisce un ritmo  narrativo incalzante ma mai forzato. Quello che invece lascia maggiormente perplessi è invece un finale così aperto (e forse un pò troppo retorico), certo coerente a tutto quanto raccontato nelle quasi due ore di durata, ma incapace di soddisfare le domande che erano state intelligentemente sparse in precedenza.

Rarefatto, insinuante, a tratti davvero spaventoso, The Exorcism of Emily Rosedeve poi la sua riuscita alla bravura dei tre attori protagonisti: ma se di Laura Linney e Tom Wilkinson conosciamo già le enormi doti d’attori, la vera scoperta è la giovane Jennifer Carpenter, capace di commuovere e terrorizzare a distanza di pochissimi secondi.    

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