Regia di Stefano Passetto
con Barbora Bobulova e Fabrizio Rongione
Tutto inizia dalla nuca bionda di una donna. Una di quelle donne che
non si girano mai e che quando lo fanno è troppo tardi. La insegue come
un sogno, un uomo. Uno di quegli uomini che rischiano di diventare
prigionieri di una nuca cui possono dare qualunque volto.
Si rincontrano nel parlatorio di una prigione e ricostruiscono la loro
storia di incontri mancati giocando a Scarabeo. Dalle parole sulla
griglia del tabellone si innescano i ricordi del passato. A legarli tra
loro solo una tartaruga, baratto adolescenziale per accarezzare la
schiena che si distende sotto quella nuca. Poi a lungo si sfiorano
senza saperlo.
Lui interpreta con una bella manciata di creatività il mestiere di
pasticciere. Nella Trieste che si aggira come un macro-personaggio del
film, inventa il “Dolce Scirocco”, una provocazione per lenire dalle
taglienti raffiche di bora. Alla figlia del padrone che prova a
baciarlo risponde: “Non riesco a concentrarmi quando c’è qualcosa in
forno”, le crostate si bruciavano. Ma al mastro-pasticciere va bene
così: “Basta che non mi metti la colla di pesce nello chantilly”. Poi
però non gradisce la granella di mandorla nella zuppa inglese e lo
caccia. Troppo estro per una pasticceria.
Lei invece apre una parentesi alla laurea in medicina quando mancano
solo due esami e torna a vivere a Trieste dall’amata zia. Prova a
spingerla verso un amore di mezz’età con il vicino di pianerottolo. I
due si corteggiano solo da lontano incrociando parole sulla settimana
enigmistica. Lei vuole di più e allora da laureanda in medicina cerca
il cuore al signore. Poi glielo disegna sulla pelle per fargli
ricordare dov’è e sospingerlo verso la zia. Lui, invece, usa il
bersaglio per spararci un colpo di pistola e tornare polvere.
Intanto i due continuano a sfiorarsi per le vie di Trieste. Una specie
di rapporto sul dorso, come una tartaruga. Solido e corazzato, ma
immobile. Poi un giorno si ribalta la prospettiva. Si ritrovano faccia
a faccia in una sala operatoria. Lei rinuncia a tutto per lui. La
tartaruga scappa, mentre lui bacia la nuca di lei, il suo sogno
infantile. Lui in fondo non crede alla loro storia, nella sua
idealizzazione quella nuca non poteva avere un volto.
Con uno schema ad ellissi narrative ben poco italiano, il film pare
aver respirato soprattutto cinema francese e est-europeo. I fatti
entrano ed escono dallo schermo come da porte girevoli. Con grande
rapidità e immediatezza, senza dover bussare o chiedere permesso.
Entrano e basta. Pasetto prova a contraddire la struttura melò: non
chiude gli eventi interni, lascia le parole non dette e gli sguardi un
po’ sbilenchi.
La domanda è: le coincidenze finiscono per strangolare il film, o il
film alla fine se ne nutre crescendogli intorno, arrampicandosi come
l’edera al muro per raggiungere vette di cinema elevato?
Verrebbe da barrare la b), con una piccola riserva: se Pasetto fosse
stato asciutto nell’affresco complessivo del film come lo è nelle
singole scene, sarebbe arrivato ancora più diretto allo spettatore.
Affascinante comunque l’esordio di Pasetto. Tutto da godere e seguire il trentasettenne romano.


NOTIZIE
Tartarughe sul dorso
Affascinante esordio di Passetto, 37enne regista romano, che con uno schema ad ellissi narrative ben poco italiano pare aver respirato soprattutto cinema francese e est-europeo

12.04.2007 - Autore: Claudio Moretti