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Suffragette - La recensione da Torino

Un affresco storico minato da una ricostruzione troppo pulita e schiava del politicamente corretto

Suffragette

21.11.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
È davvero incredibile il cinema. È incredibile come riesca a rendere interessante una storia all'apparenza futile, e noiosa una storia importante. Al Torino Film Festival, nel corso della prima giornata, abbiamo visto entrambi i casi.


God Bless the Child

Da un lato, God Bless the Child di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck racconta quasi una non-storia, un giorno nella vita di una famiglia di quattro fratelli e una sorella maggiore, abituati a cavarsela da soli mentre la madre è via, probabilmente per lavoro. Non ci viene detto niente di più per contestualizzare la vicenda, non c'è una vera e propria struttura narrativa, i fratelli interpretano loro stessi. Eppure la capacità di riprendere la vita nel suo pieno svolgimento, l'astuzia nell'adoperare al meglio i trucchi del cinema – montaggio, accurata selezione del girato – per lasciare campo libero a degli attori che non sono attori, che sono naturali e imprevedibili, fa di questo esperimento un'opera appassionante e genuina.


Meryl Streep in Suffragette

Dall'altro abbiamo il film di apertura, Suffragette di Sarah Gavron, un film inglese all-star – Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Meryl Streep – scritto e diretto da donne e incentrato sul movimento delle suffragette che, nell'Inghilterra dei primi del Novecento, condussero una campagna aggressiva che garantì, molti anni dopo (nel 1928) il voto alle donne. Una storia, come detto, importante, per quello che è il primo film di un certo rilievo su un episodio storico fondamentale nella lunga strada verso l'equità. Eppure, Suffragette è un'opera piatta, che non smuove le emozioni come dovrebbe. E questo nonostante l'indubbia capacità della Gavron di riconsegnarci pressoché intatta la sofferenza delle donne lavoratrici, impegnate in mestieri anche più duri di quelli degli uomini e per paghe molto inferiori. Il guaio è che è tutto troppo perfetto, tutto troppo manicheo per convincere. Le donne protagoniste sono tutte virtuose, e il loro ritratto contrasta decisamente con le azioni di ribellione civile a volte anche violente di cui si rendono protagoniste. Colpa della scrittura, incapace di renderle personaggi vivi a 360 gradi. La ricostruzione storica, perfetta, diventa così una gabbia dentro la quale il film non riesce a elevarsi oltre il compitino diligente, troppo ligio nel sacrificare l'arte all'altare del politicamente corretto. Un problema che affligge molti film “basati su storie vere”, non solo biopic propriamente detti, ma più in generale affreschi storici. Un problema che, purtroppo, Suffragette non riesce a evitare.

In uscita a febbraio, Suffragette sarà distribuito in Italia da BIM e Cinema.