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Shortbus

Presentato con enorme scandalo allo scorso festival di Cannes, arriva nelle nostre sale quest'opera seconda di John Cameron Mitchell, regista che già ci aveva conquistato anni fa con lo scatenato e commovente musical "Hedwig"

Shortbus

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Tutti insieme questi personaggi si incontreranno e proveranno a cambiare le rispettive esistenze, partendo dalla ricerca di soddisfazione prima fisica e successivamente emotiva.  

Presentato con enorme – ed un poco esagerato – scandalo allo scorso festival di Cannes, arriva nelle nostre sale quest’opera seconda di John Cameron Mitchell, regista che già ci aveva conquistato anni fa con lo scatenato e commovente musical “Hedwig” (Hedwig and the Angry Inch, 2001), per cui si agiudicò addirittura una nomination ai Golden Globes come miglior attore protagonista. Tornato unicamente dietro la macchina da presa per questo lungometraggio, Mitchell ha realizzato una sorta di favola contemporanea, edificante nel messaggio quanto esplicita e realistica in molti momenti della realizzazione. L’evidente volontà di farne una sorta di operetta morale è il pregio ed anche in fondo il limite di questa pellicola: l’idea di fondo è quella che la ricerca di felicità e di contatto con il prossimo deve necessariamente passare per il soddisfacimento sessuale, che rappresenta il primo e fondamentale scambio di informazioni e sentimenti. Tale assunto regge benissimo nella prima parte della pellicola, quando si pone come tesi da comprovare: quando invece nella seconda c’è bisogno di allacciare questo discorso anche altre componenti dell’essere umano, che servono per tratteggiarlo nella interezza, la ripetizione della formula si fa un po’ schematica, ed anche la confezione vagamente favolistica (utopica?) inizia a scricchiolare. “Shortbus” rimane però un film molto intenso, commovente nell’ingenuità di fondo che sembra animarlo dall’interno.

Mitchell ha uno spiccato senso della regia -  molto misurata quando serve ed invece istrionica in altri momenti – e sa dirigere al meglio un gruppo di attori tutti ispiratissimi e coraggiosi nel mettersi a nudo (prima interiore che fisico) di fronte alla macchina da presa. Ne è venuto fuori un lungometraggio non perfetto ma importante, sentito. Meritato applauso alla sincerità ed al coraggio di chi vi ha partecipato.