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Senza destino

Tratto dal romanzo "Essere senza destino" di Imre Kertéz, premio Nobel nel 2002 per la letteratura, il film è diretto da quel Lajos Koltai che negli ultimi anni si è imposto come uno dei migliori direttori della fotografia

Senza Destino

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Fateless, Ungheria/Germania/G.B., 2005.
Di Lajos Koltai; con Marcell Nagy, Béla Dòra, Daniel Craig

Siamo nel 1944, e la Germania ha occupato l’Ungheria. La storia raccontata è quella del quattoridicenne Gyuri Koves (Marcell Nagy), giovane ungherese che vede la propria vita devastata dall’esperienza dei campi di concentramento nazisti. Ebreo nativo di Budapest, il ragazzo prima vede il padre costretto a partire per i campi di lavoro ed abbandonare i propri cari; successivamente, egli stesso viene strappato alla propria vita ed internato nei lager: passerà anche per Auschwitz, prima di arrivare ad essere imprigionato in un campo più piccolo. Dapprima deciso a tenre dutro ed a conservare la necessaria dignità umana per sopravvivere, Gyuri finirà pian piano per soccombere all’atrocità ed alla pazzia di quell’inferno.

Scampato al genocidio e tornato a casa dopo un lungo viaggio, il ragazzo dovrà fare i conti con la propria memoria e confrontarla con il presente: come fare ad accettare quanto successo, e soprattutto con chi condividerne il dolore?

Tratto dal romanzo “Essere senza destino” di Imre Kertéz, premio Nobel nel 2002 per la letteratura, il film è diretto da quel Lajos Koltai che negli ultimi anni si è imposto come uno dei migliori direttori della fotografia a livello europeo, arrivando alla nomination all’Oscar con “Malena” (id., 2000) del nostro Giuseppe Tornatore. Da sempre collaboratore del maestro ungherese Istvàn Szabò, Koltai trasone in questo suo esordio alla regia tutto il suo gusto per l’immagine elegante e mai scontata. Affidandosi al bravo Gyula Pados – che firmerà anche il prossimo “Basic Istinct 2” – costruisce infatti un lungometraggio formalmente molto prezioso, capace di restituire allo spettatore tutto il dramma della vita nei campi di concentramento. In alcuni momenti il pathos delle scene di prigionia arriva ad un lirismo e ad una tensione davvero toccanti, sfruttando al meglio anche l’accuratezza dei vari setting. Il problema di questo pur commovente “Senza destino” sta invece non nella messa in scena, ma in una sceneggiatura che non volendo tralasciare di raccontare nulla dell’odissea personale del giovane protagonista soprattutto nella prima parte non riesce ad evitare la pesantezza della narrazione un po’ fine a se stessa. Il film quindi ci mette molto, troppo tempo a partire ed a coinvolgere lo spettatore. Il susseguirsi di vistosi rallentamenti nella narrazione rendono la storia in alcuni momenti disfunzionale, e questo non facilita di certo quando la pregnanza delle immagini e del tema trattato sono talmente “dense” di significato. Anche l’ultima parte del film disperde con un’eccessiva e stiracchiata lunghezza le emozioni forti delle scene ambientate nei lager, estremamente dure nei contenuti ed insieme esteticamente preziose.

Formalmente riuscito, “Senza destino” risulta però un’opera discontinua e spezzettata, e ciò a causa di una struttura narrativa che accumula troppe scene che suggeriscono senza raccontare veramente una storia.  A tratti molto intenso, ma fondamentalmente incompiuto.      

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