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SAVE THE LAST DANCE

"Save the last dance"

speciale bionde

22.08.2001 - Autore: Beatrice Rutiloni
Individuali, altro che globali. Orgogliosi delle proprie radici e manifestanti di un\'identità di cui per anni sono stati privati. I neri di oggi vogliono stare \"nel ghetto\". L\'hip hop è stato il veicolo più commercializzato della loro cultura, è il nuovo pop, è diventato poesia metropolitana entrando a far parte della colonna sonora del mondo. Forse perché il suo \"step\", il battito che emerge, è al tempo col mondo. Una questione di flussi. Però \"Save the last dance\" di Thomas Carter, regista specializzato in tv serial (suo è il cult tv \"Miami Vice\"), somiglia molto ad un\'operazione di marketing per rilanciare o cogliere l\'ultimo battito della cultura hip hop, che negli ultimi cinque anni un po’ di crisi l\'ha vissuta pure in America. Il segreto è riconfezionare il più riuscito baluardo della black music (sicuramente a livello di vendite lo è stato) in versione \"edulcorata\" per bianchi, snaturando ancora di più, se possibile, la funzione primaria di \"radio del ghetto\" che l\'hip hop e le sue rime, il rap, possedevano all\'alba degli anni Ottanta. Non per niente il film, campione d\'incassi in USA, è stato prodotto in collaborazione con il network musicale MTV, che così motiva l\'operazione: \"Desideriamo rivolgerci al pubblico raccontando storie come questa, di energia e amore, che possano trovare riscontro nei nostri clienti\". I teenager, una parola molto in voga negli anni Ottanta, la fascia di pubblico più fidelizzabile che esista. Ci vuole un attimo a creare una moda. Lo sono stati i film del cosiddetto \"dance movie\", a cui questo s\'ispira per dichiarata intenzione del regista, che nel decennio metà settanta metà ottanta ha spiazzato la fantasia dei giovani riportandoli nei clubs e impinguendo le casse delle scuole di ballo, con maestri che variamente si specializzavano in danza moderna, classica, salsa, flamenco e derivati latini a seconda che sui grandi schermi ci fosse John Travolta a indicare soffitto e pavimento con le dita o Patrick Swayze a iniziare ragazzine bigotte al sesso-ballo. O ancora talentuose file di adolescenti pervasi dal sogno di gloria, in un nutrita e sudata schiera di film e tv films come \"Footloose\", \"Flashdance\", e \"Saranno Famosi\". Qui ovviamente, il passo è un po’ più lungo, le coordinate sono più ampie e ricomprendono (o vorrebbero) le mutate condizioni sociali, per cui la discriminazione razziale risale al contrario la corrente. Il \"rispetto\" cantato da Aretha Franklin è spinto ai massimi livelli da Chenille e dalla sua \"crew\" che ricorda un po’ le Black Panther (ma loro erano più cattive e questo è un film buonista) e molto di più la banda di Rizzo &Co in Grease. Un film di quelli che \"fanno bene\", inneggiano alla tolleranza, ai buoni valori e alle risorse individuali. In puro American Style: \"il mondo è nelle tue mani, se vuoi ce la puoi fare\" e via così. Ne sce un manualetto di buoni propositi per il nuovo millennio. Con una morale ben radicata nella campagna pubblicitaria \"Do not\" di giovanile opposizione , che da Mtv alle rivolte di Genova sta \"globalizzando\" gli adolescenti di tutte le età alla ribellione, ancora una volta con la discriminante ultima della consapevolezza.