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Recensione: The Punisher, il lato più violento della Marvel sbarca su Netflix

Frank Castle è invischiato in una cospirazione nella prima stagione della serie spin-off di Daredevil

The Punisher

17.11.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
“Bentornato, Frank”, sussurra lo hacker Micro (Ebon Moss-Bachrach) dopo aver trovato la prova incontrovertibile che Frank Castle, alias il Punitore, è ancora vivo. Una citazione del titolo di una delle saghe più amate del personaggio (quella che ispirò il film con Thomas Jane), ma anche un modo per salutare l'ingresso del vigilante nella scuderia Marvel Studios. Certo, Castle aveva già debuttato nella seconda stagione di Daredevil, ma stavolta ha una serie tutta per lui. E com'è questa serie?

 
Partiamo subito con un chiarimento: abbiamo visto i primi cinque episodi di tredici, dunque non possiamo dare un giudizio complessivo della prima stagione in arrivo oggi su Netflix. Quella che possiamo dare è un'impressione. E l'impressione è che, nel bene e nel male, The Punisher si attesti su toni e ritmi già visti in altre serie Marvel/Netflix, in special modo la prima di Daredevil. C'è la volontà non tanto di realizzare una serie, quanto un film di tredici ore diviso in capitoli. Il che non si sposa sempre alla perfezione con il diktat marvelliano di realizzare serie di tredici episodi (a parte The Defenders). Il rischio è quello di dover troppo spesso ammazzare il tempo, con intere puntate devote a sviluppare sottotrame che, per lo più, si svolgono dentro uffici o basi segrete di questo e quel personaggio. Si parla molto, come sempre, e si spara poco, almeno per ora. Siamo abbastanza certi che le puntate finali presenteranno una bella carneficina, ma la forza del Punitore sta nel suo essere un imprevedibile tornado umano che, dove passa, lascia una scia di cadaveri.

 
Era inevitabile che Marvel Television non avrebbe spinto verso i toni sopra le righe di Punisher: War Zone, il terzo e, finora, migliore film del Punitore (per quanto pieno di problemi). Lì avevamo il Frank Castle dei fumetti, quello che da solo riesce a far fuori intere famiglie mafiose a New York. Il bello del personaggio creato da Gerry Conway, John Romita e Ross Andru è il suo non essere, in fondo, in cerca di vendetta. La morte della sua famiglia durante un picnic a Central Park è, nei fumetti, totalmente casuale. I Castle si trovavano solamente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Per questo Frank non diventa il “Vendicatore” (come, guarda caso, era chiamato nella versione italiana del vecchio film con Dolph Lundgren), ma il “Punitore”. Frank trascende la semplice vendetta e il singolo caso della sua famiglia, decidendo di punire tutti i criminali senza distinzione. Un dettaglio quasi mai colto (se non, appunto, in War Zone). Anche qui, dietro la morte della famiglia di Castle, c'è una cospirazione. Si era già visto in Daredevil, ma nella nuova serie questo viene approfondito e messo al centro di tutto. Una cospirazione che tocca le alte sfere della CIA e dell'esercito.

 
La conseguenza di tutto ciò è che, a tratti, The Punisher assomiglia di più a Homeland che non a... The Punisher. C'è molto spionaggio, ci sono i flashback su Castle in Afghanistan. Sembra che Marvel Television non riesca a concepire una serie in cui non ci sia almeno una cospirazione capillare. Insomma, per farla breve: The Punisher si prende parecchie libertà rispetto al materiale originale. Billy Russo (Ben Barnes), che nei fumetti è il gangster Mosaico e nemesi di Frank, qui è un suo commilitone e amico (per quanto di sicuro nasconda piani loschi). Micro, che nelle storie Marvel è un semplice aiutante, qui è un ex analista NSA con obbiettivi comuni a quelli di Frank. La serie inizia con una bella strage di mafiosi (gli Gnucci, altra citazione dei fumetti), ma lo fa quasi per togliersi il sassolino dalla scarpa e passare ad altro.

 
È per forza un male? No. Se si accetta il fatto che questo non è il Punitore che ci aspettavamo (ma, dopo Daredevil, come poteva non esserlo?), la serie procede bene e ha i suoi ottimi momenti. La violenza, quando c'è, è soddisfacente, non mancano inseguimenti d'auto, agguati e tutto il campionario. Jon Bernthal, poi, si conferma una scelta solidissima: ha un fisico possente e uno sguardo tra il cinico e l'amareggiato che funziona alla perfezione. È in grado di vendere anche i momenti da psicopatico con grande efficacia. E, se guardiamo questa stagione come una lunga origin story, è anche comprensibile che si sia scelto di dare un senso alla strage dei Castle. Perché di sicuro una cosa la serie l'ha capita: Frank potrà anche volersi vendicare ora, ma quando l'avrà fatto non smetterà di essere il Punitore.

I tredici episodi di The Punisher sono attualmente disponibili su Netflix.