Nel Regno Unito sono grandi esperti di film sulla politica. Negli ultimi anni abbiamo visto opere come I due presidenti e The Queen, entrambi scritti da Peter Morgan e incentrati sul rapporto tra capi di stato all’apparenza distanti – Tony Blair e Bill Clinton nel primo, Tony Blair e la Regina nel secondo. The Journey, scritto da Colin Bateman e diretto da Nick Hamm (regista eclettico che ha nel curriculum la commedia Killing Bono e l’horror Godsend), entra in questa tradizione, ma lo fa senza l’esperienza di Peter Morgan alla scrittura e la cosa è evidente. Bateman tenta di imitare Morgan, ma eccede nella retorica laddove il collega sa invece muoversi con equilibrio in un terreno effettivamente minato.
![](fileadmin/mediafiles/film/generici/201609/images/1000x667/The_Journey_2.jpg?n=0.9610197219270019)
The Journey racconta con l'arma del road movie un episodio in buona parte fittizio: durante i negoziati del 2006 per porre fine alla guerra civile in Irlanda del Nord, i leader degli opposti schieramenti, il pastore protestante Ian Paisley (Timothy Spall) e l’ex leader IRA Martin McGuinness (Colm Meaney), si ritrovano a viaggiare insieme sulla stessa auto e sono costretti così a confrontarsi, per arrivare a un punto di incontro e gettare le fondamenta di una pace duratura.
Hamm non ci prova neanche a far finta che la storia raccontata sia vera – anzi, il film si apre con la dicitura “Questa storia immagina cosa sia successo in quel viaggio” – e questo depone certamente a favore dell’opera, che così può permettersi di mettere in bocca ai due protagonisti frasi che sintetizzano il conflitto tra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord in un modo che non sarebbe altrimenti credibile in una “vera storia vera”. L’alchimia tra Spall e Meaney, due attori abilissimi nell’infondere vita ai loro personaggi senza scadere nella macchietta e nell’imitazione, regge buona parte del film e permette a un certo sottostrato di humour di uscire fuori in maniera prepotente in più di una sequenza. Ad esempio è esilarante quando McGuinness tenta di coinvolgere Paisley in una conversazione sulla filmografia di Samuel L. Jackson.
![](fileadmin/mediafiles/film/generici/201609/images/1400x932/small_160907-161003_to070916spe_1021.jpg?n=0.004899710757533371)
Colm Meaney, Nick Hamm e Timothy Spall a Venezia.
Purtroppo la scrittura di Bateman infarcisce tutto il resto del film di retorica: il grande John Hurt, ad esempio, riesce a salvare la faccia nonostante i dialoghi che è costretto a pronunciare siano spesso risibili, dei puri e semplici “spiegoni” che paiono inseriti per facilitare la visione allo spettatore più disattento, ma che interrompono il flusso della narrazione e risultano totalmente superflui. La conversazione tra i due protagonisti (che avviene sul sedile posteriore di un’auto guidata da Freddie Highmore, insospettabile angelo custode del duo) inizialmente si salva, ma, a mano a mano che il viaggio procede, la retorica si insinua anche qui.
Il risultato è un film piacevole nella prima parte, ma la cui spinta si affievolisce col passare dei minuti fino a crollare in una certa noia. Il che, per una storia raccontata praticamente in tempo reale, è un problema non indifferente.
The Journey sarà distribuito in Italia da Officine Ubu.
Film.it è come ogni anno in prima linea alla Mostra di Venezia. Seguite il nostro speciale.
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The Journey racconta con l'arma del road movie un episodio in buona parte fittizio: durante i negoziati del 2006 per porre fine alla guerra civile in Irlanda del Nord, i leader degli opposti schieramenti, il pastore protestante Ian Paisley (Timothy Spall) e l’ex leader IRA Martin McGuinness (Colm Meaney), si ritrovano a viaggiare insieme sulla stessa auto e sono costretti così a confrontarsi, per arrivare a un punto di incontro e gettare le fondamenta di una pace duratura.
Hamm non ci prova neanche a far finta che la storia raccontata sia vera – anzi, il film si apre con la dicitura “Questa storia immagina cosa sia successo in quel viaggio” – e questo depone certamente a favore dell’opera, che così può permettersi di mettere in bocca ai due protagonisti frasi che sintetizzano il conflitto tra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord in un modo che non sarebbe altrimenti credibile in una “vera storia vera”. L’alchimia tra Spall e Meaney, due attori abilissimi nell’infondere vita ai loro personaggi senza scadere nella macchietta e nell’imitazione, regge buona parte del film e permette a un certo sottostrato di humour di uscire fuori in maniera prepotente in più di una sequenza. Ad esempio è esilarante quando McGuinness tenta di coinvolgere Paisley in una conversazione sulla filmografia di Samuel L. Jackson.
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Colm Meaney, Nick Hamm e Timothy Spall a Venezia.
Purtroppo la scrittura di Bateman infarcisce tutto il resto del film di retorica: il grande John Hurt, ad esempio, riesce a salvare la faccia nonostante i dialoghi che è costretto a pronunciare siano spesso risibili, dei puri e semplici “spiegoni” che paiono inseriti per facilitare la visione allo spettatore più disattento, ma che interrompono il flusso della narrazione e risultano totalmente superflui. La conversazione tra i due protagonisti (che avviene sul sedile posteriore di un’auto guidata da Freddie Highmore, insospettabile angelo custode del duo) inizialmente si salva, ma, a mano a mano che il viaggio procede, la retorica si insinua anche qui.
Il risultato è un film piacevole nella prima parte, ma la cui spinta si affievolisce col passare dei minuti fino a crollare in una certa noia. Il che, per una storia raccontata praticamente in tempo reale, è un problema non indifferente.
The Journey sarà distribuito in Italia da Officine Ubu.
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