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Recensione: The Bleeder - La vera storia del pugile che ispirò Rocky

Liev Schreiber è il campione Chuck Wepner in un biopic raccontato con grande ritmo e ironia

The Bleeder

The Bleeder

02.09.2016 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
C’è da scommettere che, quando The Bleeder verrà distribuito in Italia, apparirà sui poster un sottotitolo nella vena di “La storia del vero Rocky”. È un po’ il selling point del film di Philippe Falardeau, interpretato e prodotto da Liev Schreiber e incentrato sulla storia di Chuck Wepner, pugile del New Jersey che, a metà anni Settanta, raggiunse l’apice della notorietà scontrandosi con Muhammad Ali e resistendo per 15 round prima di crollare. Una storia che effettivamente ha diversi punti in comune con quella fittizia di Rocky – compreso il sorteggio abbastanza casuale di Wepner, scelto perché Don King voleva un incontro tra Ali e un bianco – e che ispirò Stallone (insieme ad altre vicende, però) nella scrittura di Rocky.



Ma in realtà Wepner era ben diverso dal pugile dal cuore d’oro di Stallone, e il film lo sottolinea fortemente, anche se sempre con l’arma dell’ironia. Wepner ne viene fuori come un pallone gonfiato contaballe cronico, dedito all’alcool, alla coca e a qualunque sottana, nonostante fosse felicemente sposato e con una figlia. Eppure, anche grazie alla narrazione in prima persona che fa risaltare ancora di più l’aura di loser consapevole di Wepner, è impossibile non fare il tifo per questo tizio qualunque la cui unica prerogativa nella vita era quella di saper incassare pugni come pochi altri. Per questo si era guadagnato il soprannome “The Bayonne Bleeder”, “il sanguinatore di Bayonne”, nomignolo che per altro lui odiava.

The Bleeder è un biopic riuscito: evita le trappole in cui spesso cadono questi film, ovvero l’agiografia e la tendenza a raccontare troppo, e sceglie invece di muoversi con il ritmo indiavolato di una dramedy. Le cose brutte succedono, in un’ora e mezza, ma Falardeau le osserva sempre con lo sguardo divertito di chi ha compreso l’ironia amara della vita e sa che l’unico modo per scrollarsi di dosso il peggio è quello di riderci su. Schreiber è sempre perfettamente misurato nel ruolo, cavalca con abilità la linea fra tragedia e auto-parodia e ne esce vincitore (ironico). Non ci sorprenderemmo nel vederlo nella rosa dei candidati agli Oscar.



C’è spazio anche per Naomi Watts, moglie di Schreiber nella vita e qui impegnata in un piccolo ma fondamentale ruolo, e per Sylvester Stallone stesso, ovviamente interpretato da un attore (Morgan Spector, che ne fa una buona imitazione senza scadere troppo nella macchietta). The Bleeder non cambierà certo la storia del cinema sulla boxe, ma il pugile di Liev Schreiber si è guadagnato un piccolo grande posto nella lunga storia dei perdenti cinematografici.

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