NOTIZIE

Ozark, la recensione: gli avvoltoi calano sull'America nella nuova serie Netflix

Jason Bateman e Laura Linney sono i protagonisti di questa cupa riflessione sulla corruzione del sogno americano

Ozark

18.07.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Ozark, la nuova serie Netflix creata da Bill Dubuque e Mark Williams, in arrivo il 21 luglio, non è sicuramente priva di difetti. Ha una partenza lenta, personaggi talmente compromessi da risultare a volte fin troppo insopportabili, anche se l'intenzione è proprio quella (ma un conto è un film, un conto una serie che richiede che il pubblico torni a “sintonizzarsi”) e zoppica un po' ai cancelli di partenza, trovando pian piano una sua voce molto personale ma davvero cupissima.
 
Però. Però è anche una lucida riflessione sul sogno americano come visto da innumerevoli serie e film. Non solo esamina il lato oscuro dell'ossessione tutta americana per il self made man, che spinge le persone a fare di tutto pur di raggiungere il sogno di mobilità totale messo a disposizione dei cittadini USA. Ma lo coniuga secondo gli stilemi classici del cinema per poi ribaltarne completamente il senso.

 
Prendiamo il canovaccio classico di questo genere di storie. C'è una famiglia che vive in una grande città (check). Per una qualche ragione, la famiglia è costretta a cambiare vita e trasferirsi in una piccola comunità (check), solitamente in campagna (check). Lì, fatica dapprima ad adattarsi (check), ma poi a mano a mano che capisce le dinamiche della comunità, inizia a riprendere le redini della propria vita (check). 
 
In Ozark abbiamo tutto questo, con la sostanziale differenza che, mentre di solito la vita di campagna è la scusa per riscoprire i veri valori e si rivela migliore, più armoniosa e salutare della vita di città, la cittadina in cui la famiglia Byrde si rifugia (per sfuggire alle minacce di un cartello della droga, non per lasciarsi alle spalle la corruzione della metropoli) è un covo di vipere. Un luogo all'apparenza bellissimo (un lago artificiale circondato dalla natura), popolato però da “redneck” violenti, la cui povertà li spinge ad atti criminali per puro istinto di sopravvivenza. È una visione della provincia assolutamente ostile e tetra, una terra di pericoli invece del classico idillio a cui le produzioni americane ci hanno abituato. Ed è un punto di vista rinfrescante.

 
Come avvoltoi che si avventano su una carcassa nel tentativo di strapparne almeno un piccolo lembo (una metafora-tormentone dei primi episodi), così i personaggi di Ozark si spartiscono litigiosamente i resti di un'America devastata dalla crisi economica, corrotta e malata. Il problema, forse, è che la visione è talmente angosciante e i personaggi così al di là della redenzione, da rendere difficile l'immedesimazione dello spettatore. Persino in Breaking Bad, Walter White aveva dei tratti da revanscismo proletario che stimolava l'empatia dello spettatore. I protagonisti di Ozark – Jason Bateman incluso – finiscono tutti nei guai per avidità e diventano più dei modelli da non seguire piuttosto che una plausibile deriva di tutti noi.
 
In sostanza, Ozark potrebbe funzionare meglio come miniserie che come serie. Ma è probabile che Netflix punti a un prolungamento delle avventure della famiglia Byrde. Vedremo se la seconda parte della stagione saprà meritarselo.
FILM E PERSONE