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Once

Piccolo, sincero, semidocumentaristico nella forma, "Once" è una pellicola che merita senz'altro di essere vista ed apprezzata.

Once

30.05.2008 - Autore: Adriano Ercolani
La vicenda ha luogo a Dublino, ed ha come protagonisti due ragazzi qualunque: lui (Glen Hansard) lavora nel negozio di elettrodomestici del padre, ma ama altamente al musica da esibirsi come cantante per strada. Un giorno incontra lei (Markéta Irglova), giovane immigrata che si mantiene facendo alò donna delle pulizie, ma che con lui condivide la stessa passione. Entrambi feriti da una storia d’amore che li ha visti sfortunati protagonisti, i due tenteranno di portare a compimento il loro sogno di incidere le loro canzoni e provare a sfondare nel mondo della musica.

Piccolo film indipendente che nel corso del tempo è diventato un piccolo “caso” cinematografico, fino ad arrivare a vincere l’Oscar per la miglior canzone – “Falling Slowly” – all’ultima edizione degli Academy Awards, “Once” arriva finalmente anche nelle nostre sale, distribuito dalla Sacher Distribuzione di Nanni Moretti.

Bisogna subito evidenziare come la pellicola, che certo non poggia la propria forza sull’originalità della storia, parte infatti in maniera piuttosto canonica, e all’inizio non incide in maniera significativa. Quello che di bello rimane nella prima pare del lungometraggio è la bella musica, sentita e cantata da Glen Hansard con indubbio trasporto.

Il grosso merito di “Once” però è quello di essere un film che cresce di emotività col passare dei minuti, e nella parte finale diventa un’opera che mette in scena personaggi assolutamente commoventi e situazioni toccanti. Il tutto, ovviamente, accompagnato da una colonna sonora composta da brani che arrivano dritti al cuore dello spettatore sia per la loro semplicità che per la profondità dell’amore con cui sono interpretati.

Piccolo, sincero, semidocumentaristico nella forma, “Once”  è una pellicola che merita senz’altro di essere vista ed apprezzata, non fosse altro per la bravura e la simpatia dei due attori/musicisti, che danno vita a due figure il cui senso di spaesamento, ed il loro dolore interiore, vengono tratteggiati con delicata linearità.

Un piccolo applauso a loro, ed ovviamente anche al regista John Carney, sperando che il pubblico italiano possa premiare quest’opera munita, ma capace di arrivare alle corde più intime.