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Non essere cattivo – La nostra recensione

Il regista di origine piemontese descrive un mondo asciutto dove non c’è spazio per nessun sogno di felicità 
   

Non essere cattivo 

Non essere cattivo 

10.09.2015 - Autore: Alessia Laudati
Claudio Caligari è l’autore di un cinema necessario e in grado di mostrare con lucidità l’esistenza beffarda di un gruppo di giovani adulti, le cui vite fredde sono in perenne ricerca di una stretta. Soprattutto, Non essere cattivo è un film del quale pensi di conoscere la traiettoria missilistica e finisci invece per non capire da che parte arrivino i colpi. Che magari finiscono anche per centrarti in pieno petto.
 
Infatti, la storia di Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), due ragazzi di borgata, tossici, immersi nel degrado e nello squallore della periferia di Ostia, sembra al principio puntare il dito contro l’assenza di legalità e l’assenza di alternative economiche a quelle dettate da malaffare e spaccio. Un ritratto potente, nuovo, asciutto, soprattutto per chi come i millennials ha conosciuto la borgata attraverso la lente glamour di lavori del calibro di Romanzo Criminale.



Malgrado ciò, il prodotto di Caligari è, dal punto di vista del ritratto sociologico, tutta un’altra storia. Infatti, senza il filtraggio operato sul virus della disperazione, il quadro finale è di definitiva disgregazione del patto sociale e di una discesa verso gli inferi che coinvolge anche chi con quel mondo pensa di avere poco a che fare.
 
Perché l’ultimo lavoro del regista scomparso, pur ritrovando certi temi ‘tradizionali’ il sogno di una vita migliore fuori dallo squallore, la ricerca di redenzione, la rincorsa verso i valori conformisti e borghesi opposti a quelli marginali della periferia, riesce a portare il racconto oltre i limiti della rappresentazione canonica, in una ricetta che fa del realismo, dell’equilibrio tra tragedia e ironia, un segno distintivo che da un lato crea arte e dall’altro è capace di parlare ai nostri fantasmi più radicati.

 
Al centro di Non essere cattivo ci sono quindi due interpreti di straordinaria efficacia, Luca Marinelli e Alessandro Borghi, ragazzi di borgata, amici fraterni, che nel 1995 vivono la propria gioventù in un circolo di droghe sintetiche, piccoli furti e poche grandi sicurezze. Quelle di possedere un'innocenza e inoltre un’amicizia. Girano a vuoto i due ragazzi, sopravvivono nello squallore, ma la parte più drammatica non è di certo rappresentata dalla mancanza di prospettive future, o dal degrado che li circonda, né tantomeno dall’assunzione massiccia di pasticche e cocaina.

Qui la vera tragedia è piuttosto la scoperta che del sogno di una cosa, tanto per citare un autore caro al regista piemontese, è rimasto al massimo una carcassa simbolica vuota. Il lavoro, come strumento di inclusione sociale e benessere personale, si rivela infatti un mito fasullo in grado di alimentare solo nuove esigenze di consumo di fronte alle quali nessuno può dirsi immune. E il film ci lascia un’ultima disperante morale, mentre scivola un po’ sulla retorica nelle ultime battute. Perché ad essere cattivo in senso criminale, anti-sistema, si incontra forse una fine cruenta, ma nemmeno rincorrendo il sogno di felicità che la società impone si sta poi tanto bene. Fino a rimpiangere, nell'ultima inquadratura, quello sbilenco e imperfetto rapporto umano, unica forma di welfare collettivo rimasta. 

Non essere cattivo è distribuito in sala da Good Films.