Non che sia del tutto negativo l'invito subliminale a focalizzarsi sul 'mistero del caso irrisolto', considerato l'oscillare del novantatreenne detective tra ricordi piacevoli, sensi di colpa, rammarichi e piccole vanità. Rivelatorio più del necessario, eppure in un certo senso di aiuto nel trovare una direzione nello sviluppo a tratti confuso per le troppe linee narrative intrecciate.

Dalle quali emerge - ed è il merito maggiore del film - un personaggio al quale la leggenda non ci ha abituato: un anziano, consapevole del proprio declino e in lotta con le conseguenze dell'invecchiamento, costretto ad aggrapparsi a palliativi e medicine alternative, e intanto pieno di rimorsi e diviso tra fedeltà storica e la difesa delle proprie memoria e immagine.
La volontà di rendere giustizia alla verità nascosta dall'(ex) amico Watson nel suo ultimo racconto diventa lo strumento per scavare dentro se stesso, e per portare a termine un bilancio doloroso che rischia di mettere in discussione una intera esistenza fondata sulla supremazia della ragione. Questo attraverso l'analisi di due dei suoi ultimi casi, due macchie sulla sua coscienza più che sul suo curriculum. Due vittorie di Pirro, alle quali rischia di aggiungersene una terza.

Ma è proprio su questi territori che risulta difficile riuscire ad empatizzare con uno Sherlock in continuo movimento nella cronologia osservata, nonostante un Ian McKellen immenso come sempre (e supportato da una financo più coerente Laura Linney e dal tredicenne Milo Parker), ma non aiutato nella caratterizzazione del suo ruolo dal tentativo di renderlo disconnesso o perso nelle sue elucubrazioni. Più facile seguirlo nelle bassezze e nei dolori, nella scoperta del valore della menzogna contro i rischi della verità, in quella che lui definisce la sua "prima incursione nel mondo della finzione", e che probabilmente per questo sconta qualche ingenuità.
Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto, in sala dal 19 novembre, è distribuito da Videa