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Martin Eden, Luca Marinelli ci guida attraverso il Novecento italiano (Recensione)

Il nuovo film di Pietro Marcello adatta il romanzo di Jack London alla storia d'Italia

Martin Eden

02.09.2019 - Autore: Marco Triolo
L’educazione e la cultura sono strumenti di emancipazione oppure una maledizione che apre gli occhi su un mondo complesso, una tragedia umana a cui ormai è impossibile porre rimedio? È questa la domanda, o meglio una delle domande, che sembra porsi Martin Eden, trasposizione del romanzo di Jack London diretta da Pietro Marcello.

Il regista sposta l’ambientazione in Italia e nel 20° Secolo. Ma lo fa in maniera totalmente spiazzante perché principalmente allegorica. Non si tratta della ricostruzione di un periodo storico particolare, ma di una “crasi”, come la definisce lo stesso regista, “una trasposizione onirica del 20° Secolo”. Un passato della memoria che mescola riferimenti estetici a un generico dopoguerra, dagli anni ’50 della ricostruzione agli anni ’60 e ’70 delle rivoluzioni culturali e delle lotte sindacali. Un cocktail temporale che serve principalmente come sfondo per l’odissea di Martin, interpretato da un come sempre magnetico Luca Marinelli.



Il protagonista non cambia nome rispetto all’opera di London, nonostante l’ambientazione napoletana del film. Martin è un marinaio e vagabondo che si innamora di una ragazza di classe elevata (Jessica Cressy) e, grazie a lei, capisce di voler fare lo scrittore. Inizia così per lui un percorso per liberarsi delle sue umili origini e raggiungere questo sogno che tutti gli dicono essere impossibile.

Lungo la strada incontra diverse figure – sia fisiche che letterarie – che ne formano la filosofia e lo aiutano a mutare. A Marcello interessa soprattutto, però, la contrapposizione tra l’individualismo liberista e la teorie socialiste. E come queste due idee estreme debbano per forza trovare un punto di contatto ed equilibrio, affinché la società funzioni. Martin si fa difensore dell’individuo, ma poi diventa vittima delle sue stesse convinzioni. Trasformandosi, quando finalmente il successo gli arride, in un misantropo che non può più vivere nella società. Su tutto quanto aleggia l’idea ben poco consolante che la conoscenza non porti altro che sofferenza. Un concetto davvero soffocante.

Sono anche molto forti i rimandi all’oggi che Pietro Marcello e Maurizio Braucci inseriscono nella sceneggiatura. La spinta ad affermare che l’opinione di tutti ha identico valore, e che dunque anche i leader devono essere uguali agli altri, porta al populismo che attanaglia la nostra società.



Marcello inserisce qua e là filmati di repertorio, perfettamente integrati al girato grazie a fotografia, costumi, scenografie e a una color correction scrupolosa. Spesso non si nota lo stacco, e questo contribuisce all’immedesimazione con i personaggi. Perché non si ha più l’impressione di avere davanti una ricostruzione, sembra di essere con loro in un tempo passato, in un’Italia diversa eppure così simile.

Un film dalla visione chiara, che pone domande e non ha l’arroganza di dare risposte. E che porta avanti la nuova spinta del cinema italiano verso un linguaggio moderno e una scrittura ricca di sfumature.

Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019, Martin Eden arriverà nelle sale il 4 settembre, distribuito da 01.