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Lo streaming del weekend - Morto Stalin, se ne fa un altro di Armando Iannucci

Il film ha appena vinto il premio come miglior commedia agli Efa 2018 di Siviglia ed è disponibile su Chili

Buscemi

21.12.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Stalin è morto, giace al centro della sua stanza da letto, sul pavimento, bagnato dalla propria urina. La destrutturazione del Capo, a cui tutti devono rimanere fedeli anche dopo il trapasso, il gioco delle successioni, il balletto dei ministri che smaniano per passare da principi a re. Tutti si accalcano intorno al cadavere, fanno a gara a sollevarlo per primi, scivolano negli escrementi mantenendo un sorriso forzato.

Il corpo del leader, quello su cui Pablo Larraín ha costruito Post Mortem: il cadavere di Allende come simbolo di un Cile martoriato. O, spostandoci negli Stati Uniti, il presidente Kennedy, al centro dell’inchiesta di Oliver Stone in JFK – Un caso ancora aperto. Con il cervello di JFK che a Dallas imbratta il bel vestito della moglie Jacqueline (in Jackie, sempre di Larraín).



In Morto Stalin, se ne fa un altro, il dittatore viene celebrato da milioni di persone. Appena tentano di fargli l’autopsia, il figlio si oppone fino allo stremo, perché il padre deve rimanere integro. Per la nazione, per la Storia. Quella che crolla in questo film è la sua immagine, distrutta dalla satira pungente dello scozzese Armando Iannucci. Humour nero, molto british, che colpisce a uno a uno gli uomini della nomenklatura. Malenkov, che dovrebbe prendere il posto di Stalin, è un burattino senza spina dorsale. Il generale Žukov è la parodia di un superuomo all’americana, e Chruš?ëv cerca di districarsi tra mille complotti.

Il paradosso è che tutti sono attratti dal modello occidentale. Stalin, quando era in vita, amava i western di John Ford con John Wayne. Chruš?ëv vorrebbe andare a letto con Grace Kelly, Malenkov viene paragonato a Boris Karloff, e a un certo punto salta anche fuori Judy Garland. Lo sberleffo è garantito, il regime con falce e martello viene sbertucciato su tutti i fronti.

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Iannucci si ispira alla graphic novel di Fabien Nury e Thierry Robin, per una vicenda di impostazione teatrale, girato tra i corridoi del potere e le case dei cospiratori. Il regista prende di mira Stalin per riflettere sulla follia del totalitarismo, sulle sue minacciose contraddizioni, sulle sue migliaia di vittime. Le “purghe”, le prigioni in cui la legge non arriva, il terrore di chi attende di essere catturato, la propaganda che manipola gli eventi, la corsa alla “corona” eliminando i rivali. Questo lo scenario non inedito, ma sempre agghiacciante.

La parola ferisce più della pistola. Come in In the Loop, dove Iannucci sferzava la politica e la guerra in Iraq con il suo sarcasmo. Dal capitalismo al comunismo, da un continente all’altro: che vinca il più dannato. Nessuno è innocente. E nel titolo si può leggere la più ovvia verità: morto Stalin, se ne fa un altro, in un circolo vizioso, dove il serpente si mangia la coda. Il film ha vinto il premio come miglior commedia agli Efa 2018 di Siviglia. È disponibile su Chili.