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LISTA D'ATTESA

LISTA D'ATTESA

Lista d'attesa

14.04.2003 - Autore: Fabrizio Marchetti
A sei anni dalla prematura scomparsa dellamico Tomàs Gutiérrez Alea, col quale aveva co-diretto Fragola e cioccolato e Guantanamera, Juan Carlos Tabìo torna alla ribalta cinematografica con un nuovo film su Cuba, presentato al Festival di Cannes nella sezione Un certain regard. Diciamo da subito che la formula proposta dal regista presenta gli ormai canonici ingredienti: un convinto antidogmatismo esplicato in una lucida e attenta condanna del sistema burocratico socialista, la voglia di affermare con vigore un liberalismo in grado di ottemperare alle esigenze di un popolo allegro, solidale, dal chiaro temperamento vitale. Tratto dallomonimo racconto di Arturo Arango, Lista dattesa si presenta così come una favola ingenua ed intrisa di significato, sostanzialmente attraversata da un sottile e piacevole surrealismo, capace di mascherare efficacemente le implicazioni socio-politiche contenute nel testo. In questo meccanismo, lo spettatore diviene al contempo il referente principale di una condanna ad un regime ancora troppo permeato da un anacronistico comunismo utopistico e losservatore partecipe di una bizzarra storia collettiva di amicizia ed aggregazione sociale. Il linguaggio usato da Tabìo è dei più semplici ed immediati: in tal senso, ogni dialogo tra i personaggi espleta una funzione coinvolgente, che paradossalmente finisce per accrescere la veridicità di una situazione improbabile e chiaramente immaginaria. Ogni elemento della narrazione risulta sistematicamente rovesciato, quasi a voler applicare una logica della traduzione antitetica: la stazione invece di essere descritta come prigione e fonte di ogni ansia e malumore, acquista al contrario un valore di verdeggiante distesa di pace, dove il sincero e proficuo collaborazionismo dei personaggi tende a trasformarsi in amore idilliaco o in genuina amicizia; le stesse persone coinvolte sulla scena, profondamente diverse a livello di natura caratteriale, anziché scannarsi tra loro come inevitabile esito di una precaria e forzata convivenza, finiscono per cooperare serenamente in vista di un comune obiettivo. Insomma, lintero impasse strutturale della vicenda risulta costantemente caratterizzato da una prospettiva volutamente artificiosa ed irreale che, prendendo in prestito dalla commedia teatrale i registri più estremizzati nelle forme e nelle figure strumentalmente stilizzate, acquisisce tanto più vigore, quanto più la storia procede verso il suo assurdo epilogo. Inutile sottolineare come lintera pellicola non avrebbe conseguito leccellenza del risultato finale se non fosse stata sorretta da uninterpretazione abile degli attori. Particolarmente encomiabile da questo punto di vista è stato il ruolo giocato da Jorge Perugorria (Volavérunt), pressoché perfetto nelle vesti di un male intenzionato non vedente.    
FILM E PERSONE