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L'illusione della democrazia

Un software per il voto elettronico non proprio perfetto e il prossimo Presidente degli Stati Uniti potrebbe essere il comico più popolare della televisione americana. I confini sempre più incerti tra politica e intrattenimento nel film in uscita nelle sale "L'uomo dell'anno"

Man of the year

01.06.2007 - Autore: Stefania Seghetti
    Tom Dobbs (Robin Williams) è il conduttore di un popolare talk-show satirico ed irriverente che prende in giro i politici ed i loro modi da “esperti della comunicazione”. Stanco di farsi portavoce dei bisogni concreti di una nazione che cerca una politica del fare e non dell’apparire, decide di candidarsi alla presidenza dell’America: e quando i risultati delle urne “virtuali” decretano la sua vittoria sembra proprio che il paese abbia scelto di premiare il coraggio di un uomo che ama chiamare le cose con il proprio nome. Peccato però che il suffragio universale sia stato alterato da un errore del sistema di voto computerizzato (ipotesi non proprio fantascientifica, se si pensa proprio ai brogli elettorali che hanno gettato un’ombra sull’elezione dello stesso Bush) e che a saperlo siano soltanto i diretti interessati. Che fare a questo punto? Lasciare all’America la propria “illusione di democrazia” oppure infrangere il sogno e costringerla a ripensare il proprio rapporto distorto con la politica?

In un mondo sempre più dominato dai media e che fatica a riconoscere l’attività politica come un obbligo concreto di un rappresentate verso i propri elettori, dove lo spazio del confronto è sempre più quello delle piazze mediatiche e dove la politica sono costretti a farla i comici, “L’uomo dell’anno”affronta alcune delle tematiche più attuali del panorama internazionale. Come la mancanza di contenuti dell’attività politica, il suo abdicare ai propri imperativi più concreti in nome dell’apparire e la sua incapacità di parlare al pubblico lasciando che a farlo sia chi di mestiere fa altro. Una materia trattata in modo brillante grazie ad una sceneggiatura leggera che fa della trovata comica il suo punto di forza e delle qualità del cast  la garanzia di un racconto ben confezionato e tutto sommato godibile. Buona anche la scelta di usare una regia di stile documentaristico che se poco concede all’originalità, ha comunque il merito di focalizzare in modo onesto l’attenzione sul racconto più che sul modo di raccontare. Perfettamente a proprio agio nel ruolo dell’istrionico “Presidente designato” il navigato Robin Williams e delizioso, come al solito, Christopher Walken nei panni del suo manager-mentore (così simpaticamente lontano dallo stereotipo del trendy stressato affogato di lavoro, da risultare senza dubbio il personaggio più amabile della storia).  Un film, insomma, divertente ed onesto che, ben lungi dal fornire risposte, ha il pregio comunque di sottolineare una volta di più le incongruenze di un mondo guidato dalle regole dell’apparire.