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Licenza di matrimonio

Il film di Ken Kwapis, con Robin Williams ha davvero poche frecce al proprio arco per convincere la critica, e cosa ancora più grave, per far divertire il pubblico

Licenza di matromonio

27.08.2007 - Autore: Adriano Ercolani
       


  Per i cinefili della mia generazione Robin William è stato uno degli attori-culto in assoluto: tra la fine degli anni ’80 e l’inizio del decennio successivo ci ha regalato straordinarie interpretazioni un capolavori assoluti come “L’Attimo fuggente” (Dead Poets Society, 1989) di Peter Weir o “La Leggenda del re pescatore” (The Fisher King) di Terry Gilliam. Quindi, a distanza di quindici anni circa, vederlo ridotto a svendersi in commediole conservatrici di tale mediocre fattura è un qualcosa che spezza sinceramente il cuore. Per carità, vi sono tutta una generazione di “mostri sacri” che, con il sopraggiungere di un’età più avanzata, hanno optato per lavori di minor spessore (vedi ad esempio Robert De Niro): ma la domanda fondamentale è? Perché non scegliere con maggiore cura copioni e produzioni, invece di continuare ad inflazionarsi con brodaglia insipida come questo “Licenza di matrimonio”?