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Le Divorce

"Le Divorce", il film di James Ivory dà una sola conferma davvero positiva. Aveva ragione il regista a dire che non bisognava aspettarsi il suo solito film. No, non è come al solito. Semplicemente un film esagerato, incongruo, non adeguato al momento e ben poco umoristico.

Naomi Watts

12.04.2007 - Autore: Leonardo Godano e Matteo Nucci
Mettiamo insieme una serie di situazioni e di personaggi e vediamo che film ne può venir fuori. Una ragazza americana - che più americana non si può - viene da Santa Barbara a trovare la sorella trasferitasi a Parigi. Quest’ultima ha un marito e una figlia, è una poetessa un po’ malinconica e sembra aver acquisito uno stile di vita se non altro adatto alla metropoli francese. Le due sorelle Walker (Kate Hudson ”quella appena arrivata” e Naomi Watts ”quella ’parigina’”) si confrontano con il seguente mondo. Un ragazzo francese, di buona famiglia e molto viziato, Charles Henri de Persand (Melvil Poupaud), che fugge dalla moglie americana per una nuova passione e l’abbandona su due piedi, senza dare spiegazioni, richiamandola soltanto per avere indietro le lenti a contatto. Francese dall’acconciatura all’eleganza fino ai tic più evidenti, il ragazzo ostenta indifferenza e noncuranza. Si sa come va la vita e lui, francese, lo sa meglio di altri. È una grande passione la sua, che farci?   Sua madre del resto non può che convenire. Si tratta di una donna ricca e forte, intelligente e impetuosa, che ha dedicato tutta se stessa alle forme. Le forme del ben vivere, le buone maniere, le forme scintillanti di una famiglia ben organizzata. Il figlio lo compatisce e semmai si preoccupa della reazione poco misurata della ragazza. Eppure l’invita a pranzo, la sua poco amata nuora, finge comprensione e dice come previsto ”bien sur” o ”c’est normal” per ogni straordinaria novità, come ad esempio un adulterio. Nei pranzi che offre fra sorrisi d’occasione e chiacchiere di rito, è spesso presente anche il fratello, un ’giovanile’ sessantenne cui non manca la voglia di sedurre. Lo zio Edgar (Thierry Lhermitte) peraltro fa politica e guardacaso è un francese guerrafondaio, che distruggerebbe tutti i popoli che detesta. Il suo charme però sembra invincibile e la sorella Walker appena arrivata non gli resiste.   Ci si mette anche un quadro di mezzo. È un pezzo di proprietà della famiglia Walker che Roxy ha portato con sé e che ora suo marito e la sua famiglia reclamano come parte da dividere nell’incipiente divorzio. Intorno a questo presunto La Tour, girano ovviamente l’ottusità degli esperti del Louvre e la furbizia di Christie’s (rappresentata dall’unico vero momento d’ironia del film: Stephen Fry) nonché gli interessi più evidenti e disparati delle due famiglie. Intanto la nuova fiamma di Chrales Henry ha un ex che perseguita le Walker (Matthew Modine) e una scrittrice amica di Roxy (Glenn Close) sparge chicche sulle abitudini francesi da cui s’appresta a fuggire. Si parla dei nomi dati alle uova sode dai francesi, degli infiniti modi di nominare una semplice sciarpa, degli infiniti modi di portarle le sciarpe. E via così.   Il film che ne viene fuori, ”Le Divorce”, presentato fuori concorso alla Mostra di Venenzia, dati tutti gli ingredienti (la sceneggiatura è tratta dall’omonimo romanzo di Diane Johnson), è chiaramente un film in cui i francesi e le loro abitudini vengono ridicolizzati senza possibilità d’appello. Non c’è un atteggiamento sano nei parigini e non esiste francese autentico. Questo è chiaro. Mentre gli americani sono autentici e puri, anche nei loro comportamenti ingenui e grotteschi che, proprio per questo, non paiono davvero profondamente ridicoli. Il film dunque sovverte i miti circa l’americano a Parigi, o meglio li conferma a tal punto da sovvertirli. E questo in un momento in cui le french fries vengono adeguatamente ribattezzate freedom fries.   Il film di Ivory dà una sola conferma davvero positiva. Aveva ragione il regista a dire che non bisognava aspettarsi il suo solito film. No, non è come al solito. Semplicemente un film esagerato, incongruo, non adeguato al momento e ben poco umoristico. Un film di cui si sarebbe fatto volentieri a meno, se non fosse per le capacità indubbie che alcuni attori hanno avuto la possibilità di mostrare nonostante il paese d’origine o la lingua madre.
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