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La tigre e la neve

L'anima ed il cuore pulsante de "La tigre e la neve" è ovviamente l'attore e regista Roberto Benigni, che dopo lo sconclusionato Pinocchio torna con una favola che parla di poesia, guerra e amore

la tigre e la neve

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Regia di Roberto Benigni
con Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Jean Reno, Tom Waits, Emilia Fox, Giuseppe Battiston.


Siamo nel 2003. Attilio Di Giovanni (Roberto Benigni) è un professore universitario, ma soprattutto un poeta con la testa sempre tra le nuvole; è follemente innamorato della bella Vittoria (Nicoletta Braschi), che però sembra ignorare ogni sua lusinga. Un loro comune amico è il grande poeta iracheno Fuad (Jean Reno), che sta per tornare in patria dopo anni di esilio per stare vicino al suo popolo alla vigilia dell’imminente conflitto: l’uomo porta con sé proprio Vittoria, che sta scrivendo la sua biografia.

All’improvviso, una notte, Attilio riceve una telefonata da Fuad: la sua amata è ricoverata in uno scalcinato ospedale di Baghdad, ed è in condizioni gravissime a causa di un attentato. Attilio non ci pensa un istante, e parte subito per il paese in guerra: con ogni mezzo immaginabile, l’innamorato cercherà di salvare da morte certa la donna della sua vita…

Come era facilmente prevedibile, l’anima ed il cuore pulsante de “La tigre e la neve” è Roberto Benigni. Con l’avanzare degli anni e soprattutto di una carriera sempre retta dallo stesso tipo di personaggio, avevamo il malcelato sospetto che la figura di strampalato e surreale menestrello della risata iniziasse a dimostrarsi un po’ indagata per l’attore toscano. Niente di più inesatto: Benigni riesce anche questa volta a regalarci una prova d’attore maiuscola e commovente, aiutato da una sceneggiatura che in maniera del tutto funzionale gli cuce il film addosso (come d’altronde è sempre stato). Questa volta viene ridimensionata anche un’ipotetica figura di “spalla” per il comico, come in passato lo erano stati nei suoi film grandi caratteristi come Walter Matthau, Michel Blanc, o anche il simpatico Sergio Bustric de “La vita è bella” (id., 1997).

Dunque, tutta l’attenzione de “La tigre e la neve” è rivolta verso il grande attore, e lui non delude: tenero e spiritosissimo, tiene in piedi un film che in realtà si dimostra il più fragile ed impacciato tra quelli da lui realizzati - escluso, ovviamente, lo sconclusionato “Pinocchio” (id., 2002). Benigni dimostra ancora una volta di non avere particolari competenze in fatto di regia, e si limita ad usare l’immagine come palcoscenico per la sua performance. Per il resto, il film procede più per accumulo di gags ed alcune scene azzeccate, che secondo una vera progressione drammatica. Anche il personaggio di Jean Reno, motore della vicenda, non possiede un vero e proprio sviluppo logico, né tanto meno una conclusione. Quello che però sconcerta maggiormente de “La tigre e la neve” è proprio l’ambientazione in Iraq, adoperata come asettico sfondo e mai veramente influente sui personaggi o sulla storia. Perché non ambientarlo allora da qualche altra parte, se l’unico scopo era quello di creare ostacoli al raggiungimento dello scopo del protagonista? La scelta dell’Iraq e dell’inizio della guerra davvero non convince, e lo sgradevole sospetto di “furberia” purtroppo si insinua in continuazione tra le pieghe della pellicola.
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