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La recensione di Millennium - Quello che non uccide, Claire Foy è una Lisbeth Salander più action 

Il reboot della saga, presentato alla Festa del Cinema di Roma, rivela una forza visiva sorprendente nonostante una trama essenziale

26.10.2018 - Autore: Pierpaolo Festa
Siamo entrati in sala pensando al peggio, pensando al trend di Hollywood di inseguire la gallina dalle uova d'oro e affrettarsi a portare in scena un franchise prima che sia troppo tardi. Pensando a come avrebbero girato le spalle al cinema di David Fincher e al suo film del 2011 con Rooney Mara e Daniel Craig. Pensando che Claire Foy fosse fuori parte come nuova Lisbeth Salander. Lo ripetiamo: eravamo pronti al peggio. 


E invece Millennium – Quello che non uccide fa il suo dovere. E sorprende. Meno ambizioso rispetto al film di Fincher, il nuovo capitolo azzera le dinamiche e il respiro della trilogia originale di Stieg Larsson per concentrarsi totalmente sul lato action della protagonista. Il suo rapporto col giornalista Mikael Blomkvist è ormai storia antica: il personaggio maschile interpretato questa volta da Sverrir Gudnason passa in secondo – se non addirittura terzo - piano. Anzi, a un certo punto è lui "la damigella da salvare". Pian piano viene fuori il vero motivo per cui Hollywood ha scelto di bypassare gli adattamenti del secondo e del terzo libro della saga per concentrarsi invece sul quarto, il romanzo reboot scritto da David Lagercrantz: puntare meno sul respiro della saga e più sull'azione all’interno di una confezione da thriller.

Guarda il video - Quello che non uccide, a Roma l'anteprima mondiale del film

Fa tutto parte di una formula: scegliere un’attrice che non ha paura di farsi carico del ruolo di un’icona (come ha già fatto nella serie The Crown) e mettere dietro la macchina da presa un mestierante che sappia fare il suo dovere. La trama di Quello che non uccide è essenziale: ci sono i buoni, ci sono i cattivi e c’è un Macguffin con effetti collaterali da fine del mondo. I traumi legati all’intreccio rimangono in superficie. Tutto è basic. Però funziona. Perché la buona notizia è che tutti ci mettono qualcosa in più. Dietro la macchina da presa Fede Alvarez (ha diretto il remake de La casa e il sorprendente Man in the Dark) si affida alla forza delle immagini: il silenzio che regna sovrano per l’80% del film diventa l’elemento più forte di questa storia. E' proprio grazie ai silenzi e alla sua capacità di incarnare un'icona che la Foy ci mette pochissimo a convincerci di essere la persona giusta nel film giusto. Come confermano alcuni fotogrammi indimenticabili, su tutti quello in cui Sylvia Hoeks (l’abbiamo vista in Blade Runner 2049) si rivela come cattiva con un vestito rosso che lascia il segno in un panorama gelido.

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Siamo forse davanti al miglior film di Lisbeth Salander, laddove Fincher tentava in tutti i modi di oltrepassare la storia per sviluppare invece i personaggi, qui si pensa più in termini di franchise, cercando di pulire la sua protagonista dai vari traumi per regalarle un futuro cinematografico. Chissà, forse tra qualche tempo troveremo la nostra Lisbeth in storie originali slegate dai romanzi della saga. In prima linea, pronta a farla pagare cara a tutti gli uomini, una specie di Equalizer in vestito di cuoio, tatuaggi e piercing. Quello sarebbe certamente un film da vedere.

Millennium - Quello che non uccide, in uscita il 31 ottobre, è distribuito da Warner Bros.