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La ragazza delle balene

"Miglior film" e miglior regia a Seattle, gran premio del pubblico al Sundance Film Festival del 2003, miglior film per il pubblico a Toronto e numerosi altri riconoscimenti, da San Francisco a Rotterdam.

La ragazza delle balene

12.04.2007 - Autore: Elena dal Forno
\"La ragazza delle balene\" si presenta al pubblico italiano con un background di tutto rispetto, ha infatti vinto numerosi premi, tra i quali "miglior film" e miglior regia a Seattle, gran premio del pubblico al Sundance Film Festival del 2003, miglior film per il pubblico a Toronto e numerosi altri riconoscimenti, da San Francisco a Rotterdam.   Al di là dei trofei, il film diretto da Niki Caro, regista neozelandese che come ogni "indigeno" ha a grande cuore ogni questione legata al suo paese, è una delicata (ma non troppo) favola sul rigido mondo della stirpe maori e su ogni società fondata sulla discendenza maschile o maschilista in genere. Si narra la storia di Pai (Paikea), una ragazzina la cui unica sfortuna è di nascere donna in una societàche vuole solamente gli uomini primogeniti quali destinatari del potere di capo tribù. Tutta la trama è dunque intessuta sullo scontro tra il nonno di Pai che "allena" un piccolo gruppetto di ragazzini ad essere leader e la stessa Pai che, emarginata dalla società maschile, fa di tutto per poter essere accettata nel ruolo che la tradizione le assegnerebbe. Ma niente convince Koro (il nonno, uno splendido Rawiri Paratene, quasi un giovane Cassius Clay) che Pai è l'erede che la sua stirpe attende fino all'episodio finale. Qui avviene il "miracolo" del film, ovvero quando i due "capi", la ragazzina (Keisha Castel-Hughes) e la balena-capo, arenatasi sulla spiaggia, partiranno per un viaggio senza ritorno in fondo al mare.   Un modo di vita ancestrale, il dolore della non accettazione, l'orogoglio per la cultura di cui si è parte, questi sono i temi di una pellicola di fin troppo semplice lettura ma estremamente gradevole nella mano che la racconta. Si respira un candore quasi d'altri tempi (non a caso la civilizzazione del mondo maori non èancora totale), una spiritualità da medioevo del cinema, un'austerità da 35mm di prima maniera e tuttavia l'emozione resta sempre ben viva. Soprattutto nelle scene finali dove uno stuolo di balene arenate in spiaggia provocano una partecipazione quasi fisica dello spettatore.   Lotta generazionale e lotta ambientale, saranno temi forse semplici per il cinema estremo e sofisticato di questa generazione ma le storie come "La ragazza delle balene" ci fanno uscire dalla sala con quel senso di libertà e di lotta indomita che resta insita in ogni uomo.  
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