Pedro Almodóvar come lo avete già visto...
Questa volta il regista spagnolo si avventura nel territorio del thriller, ispirandosi al libro “Tarantula” di Thierry Jonquet (edito in Italia da Einaudi). “La pelle che abito” è un’esplorazione del lato oscuro dell’animo umano, sullo sfondo di temi più attuali che mai come la chirurgia estetica e gli esperimenti genetici.
Protagonista l’ex Zorro Antonio Banderas mai stato così cupo (e un po' legnoso) nei panni del chirurgo dalla personalità tormentata: un uomo che ha ricevuto così tanti colpi dalla vita, che adesso è pronto a restituirli. Rapimento, violenze sessuali e morte sono raccontati in chiave almodovariana tra operazioni per il cambio di sesso, personaggi tanto strambi quanto pericolosi con indosso costumi fetish e perfino una sequenza in cui il protagonista interrompe la tensione, presentando un kit di dildos. Il film di Almodovar parte lentamente con troppe inquadrature di provette e campioni di sangue, alternate al bellissimo corpo di Elena Anaya, che interpreta la cavia del protagonista. D’un tratto il regista ci catapulta in un lungo flashback con cui si mettono insieme i pezzi del puzzle.
Il quadro finale è un horror sugli effetti negativi che una mente umana senza scrupoli può concepire. Pur non collocandosi nelle vette della cinematografia di Almodóvar (che ha realizzato opere ben più geniali) non si può non voler bene a “La Piel Que Habito” (questo il titolo spagnolo), pellicola fedele alla cinematografia del regista e con un originale intreccio noir. E come sempre è un piacere vedere in scena la grandissima Marisa Paredes.
“La pelle che abito”, presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes e in uscita il 23 settembre, è distribuito in Italia dalla Warner Bros.
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La pelle che abito - La nostra recensione
Pedro Almodóvar nel territorio della paura tra chirurgia estetica ed esperimenti transgenici. Ma il suo thriller è diretto con il pilota automatico
20.09.2011 - Autore: Pierpaolo Festa