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Intervista a Richard Lowestein

"Non è necessariamente il ritratto di una generazione. Credo che siano state esaurite tutte le lettere per descrivere una generazione, questa potrebbe essere la generazione Y o Z, visto che la X è passata".

E morì con un Felafel in mano

15.11.2001 - Autore: Domitilla Ferrari
Nella promozione di E morì con un felafel in mano, distribuito in Italia dalla Fandango, di Domenico Procacci, cè il tentativo di fare un discorso più ampio: la distribuzione di un libro, tradotto da Sandra Bordigoni e della colonna sonora, prodotta da Fandango e distribuita da Virgin. Loneroso tentativo è giustificato dal fatto che dietro a questi due pezzi che compongono, insieme al film, il puzzle della storia cè un lavoro di cinque anni.   Come mai è passato tutto questo tempo da quando venne annunciato linizio dei lavori di questo film? R.L. Cè voluto molto tempo, finita la sceneggiatura, a trovare i finanziamenti necessari. Circa il 35% del budget doveva essere finanziato da società indipendenti per poter avere la rimanente copertura dai fondi pubblici del FFC -Film Finance Corporation. In realtà eravamo già pronti nove mesi prima dellinizio ma Noah Taylor fu chiamato per un ruolo chiave nel film di Cameron Crowe Almost Famous e Felafel venne posticipato per permettere a Noah di andare a Los Angeles per il film.   Quanto ha inciso la colonna sonora nel costo del film? R.L. La colonna sonora incide sul costo del film in un modo abbastanza anomalo, quasi per il 10%. Il film è costato 5 miliardi e la colonna sonora allincirca 500 milioni di lire. Ma ci sono stati anche brani che abbiamo avuto a prezzi davvero bassi, quello degli U2 ad esempio, perché ho lavorato per molto tempo nel mondo dei video musicali.   Passando poi al cinema? R.L. No, il contrario. Dopo il mio primo film sono passato alla musica. Cè una certa ostilità da parte del mondo del cinema soprattutto nei confronti dellindustria musicale, tanto più quando uno ai loro occhi ha ripiegato su questultima. Il mio primo film parlava del partito comunista in Australia negli anni 30 e, passando alla musica, la cosa fu criticata come una scelta superficiale.   E possibile fare un parallelo tra Felafel e Trainspotting? R.L. Non credo, quando Trainspotting è uscito in Australia molti lo hanno confrontato con Dogs In Space (1986), un altro mio film che affronta il tema delle droghe pesanti, girato 10 anni prima, per il quale ho avuto diversi problemi di censura. Trainspotting è molto più duro, questo significa che i criteri della censura sono cambiati.   Nel film lei gioca con le citazioni, addirittura una battuta da Il gabbiano di Cechov, che ruolo ha la citazione al cinema?   R.L. La citazione rende geniale un film agli occhi di chi non ha una grande cultura cinematografica alle spalle, spesso sono i giovani che pensano che Tarantino sia un genio, mentre rende il film amabile a coloro che ne riconoscono le fonti. I due temi delle citazioni del film sono che la cultura pop si auto-distruggerà e che non esiste niente di nuovo, solo reinvenzioni. Mentre lo stile di recitazione introspettivo rende omaggio ai film di Keaton, Ozu, Godard, Bresson e Melville.   Quanto è fedele il film al libro? R.L. E soprattutto fedele al tema. Abbiamo creato un terzo animale (il secondo è una commedia teatrale che riscuote un enorme successo). Abbiamo fatto la scelta cosciente che il libro fosse solo l afonte, volevamo rifinire la struttura caotica del romanzo. Il problema non è stato, come sempre accade, gestire la gran quantità di materiale narrativo ma anche fare di Danny il personaggio centrale. Nel libro cè solo Birmingham, io ho dovuto reinventarmi il protagonista e trovare ispirazione anche dall\'attore che l\'avrebbe interpretato. Così Noah è diventato partecipe del processo di scrittura.   Perché ha scelto uno stile narrativo così statico? R.L. Con tutti i personaggi che passano nella vita di Danny era difficile trovare un filo conduttore per cui ho scelto uno stile visivo ritrattistica e statico appunto per chiarire meglio il caos delle situazioni che si creavano da osservatore non partecipe. Comunque ho usato molto il mio istinto.   Crede che Felafel possa essere considerato un ritratto di una generazione? R.L. Non è necessariamente il ritratto di una generazione. Credo che siano state esaurite tutte le lettere per descrivere una generazione, questa potrebbe essere la generazione Y o Z, visto che la X è passata. Piuttosto Felafel coglie un momento nel tempo, un microcosmo conosciuto. Sicuramente molti hanno riconosciuto almeno in un personaggio una persona a loro familiare.                        
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