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In fondo al bosco – La nostra recensione

Un thriller psicologico riuscito che non ha paura di toccare temi socialmente rilevanti

20.11.2015 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
L’impressione di chi scrive, è che quando si parli di thriller psicologico sia valido più che mai una sorta di patto d’acciaio tra lo spettatore e il film. Il genere ha infatti una propria identità quando dimostra una lentezza, una dimensione di atmosfera sospesa, che lo spettatore decide di accettare solamente se sente quel mistero coerente con la storia e con la sua verità.



Altrimenti, la narrazione e lo stile perdono di efficacia, il pubblico si dimostra insofferente al gioco di sguardi, musiche, movimenti lenti della cinepresa, che non possono contare invece su azione e dialoghi serrati per tamponare la realtà di un lavoro poco completo. Tutto questo per dire che il thriller dell’animo è un oggetto difficile da maneggiare, specialmente per un giovane regista.

Eppure In fondo al bosco, la prima produzione per il cinema di Sky Italia, è un buon prodotto che dimostra di conoscere bene le regole del gioco e soprattutto di avere abbastanza coraggio per inserire in una storia di mistero e violenza, anche una componente di riflessione sociale legata ai tema della genitorialità biologica e acquisita.

Lavora bene il regista trentaduenne Stefano Lodovichi, quando sceglie di ambientare la propria storia di sparizione misteriosa di un bambino in una comunità del Trentino Alto Adige. Questo gli dà l’opportunità di giocare con le atmosfere solitarie del luogo e con la doppiezza di una comunità ristretta nel numero, dove però niente è come sembra. Poi però ci vuole un cast di attori esperti, in grado di reggere a suon di sguardi, movimenti del volto, e silenzi, la tensione che si prova di fronte alla misteriosa scomparsa di un figlio.

E qui ci sono due interpreti, Filippo Nigro e Camilla Filippi, che reggono la scena con sottile maestria. Cosa non funziona invece? A volte la mano di Lodovichi si perde e il patto di acciaio con lo spettatore sembra quasi spezzarsi in un ritmo lento e non giustificato da uno stile di regia fermo, che riempia l’assenza dello spazio recitativo con vera e silente inquietudine. Si tratta però di brevi momenti. Dove peraltro interviene un altro dei punti di forza del film. Le musiche originali composte da Riccardo Amorese, colmano a volte il vuoto del ritmo, con una bella pennellata musicale di tremori e dubbi galoppanti. 

In fondo al bosco è distribuito nei cinema da Notorious Pictures. Si tratta della prima volta che una produzione Sky arriva sul grande schermo