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Il ritorno del re
Finalmente arriva in Italia il terzo ed ultimo capitolo della saga di Tolkien Il signore degli anelli. Un film spettacolare, epico, potente e fragororso.

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Lord of the rings The return of the king, Usa, 2003.
Di Peter Jackson; con Elijah Wood, Viggo Mortensen, Ian McKellen, Sean Astin, Orlando Bloom.
Ed ecco dunque che le avventure di Frodo, Gandalf, Aragorn, Legolas e degli altri eroi della saga de "Il signore degli anelli" giungono al loro epilogo. Della trilogia iniziata con "La compagnia dell'anello" (Lord of the rings The fellowship of the ring, 2001) e portata avanti da "Le due torri" (Lord of the rings The two towers, 2002), questo atto finale non poteva rappresentare miglior conclusione; dal punto di vista estetico, e perciò più puramente cinematografico, "Il ritorno del re" riesce infatti a portare a limite estremo tutte le invenzioni visive presenti nei primi due episodi.
Dotato di una capacità registica ormai sopraffina, Jackson è riuscito a comporre un mosaico di immagini di varietà ed importanza inusitate, alternando eleganza e vigore in egual misura. Tanto infatti il film si dimostra prezioso nelle ambientazioni, quanto poi diventa potente e fragoroso nelle sequenze di battaglia, drammatiche ed insieme esaltanti. Anche la fluida ed insieme precissima sceneggiatura dello stesso Jackson, di Fran Walsh e Philippa Boyens riesce a delineare definitivamente le psicologie dei vari personaggi principali, a partire dai due hobbit protagonisti del viaggio verso il monte Fato.
Spettacolare ed insieme profondamente intimista "Il ritorno del re" possiede dunque tutte le qualità necessarie per poter essere considerato uno dei più grandi colossal della storia del cinema, dotato a suo modo di un respiro epico degno delle grandi produzioni dell'epoca classica hollywoodiana; in più poi, ed è questa forse la grande firma d'autore impressa all'intera saga da Jackson, l'estetica del film si colora in molte parti di una grezza fangosità che la rende del tutto particolare, più "terrena" e penetrante del cuore dello spettatore, affascinato perciò non soltanto dalla roboante fastosità di scene, costumi o effetti speciali.
In un equilibrio quasi perfetto di accelerazioni e rallentamenti, l'opera si dipana in tre ore e venti di cinema totale, quasi puro nella sua coerenza estetica. In un confronto con gli altri blockbuster degli ultimi anni, "Il ritorno del re" in quanto a riuscita artistica può considerarsi inferiore soltanto proprio al secondo episodio del "Signore degli anelli", che possedeva a nostro avviso una fluidità narrativa dovuta soprattutto ad un grande senso del ritmo dato dal montaggio - ed uno spessore drammatico inarrivabili. Monumentale fantasy, l'episodio conclusivo della storia rende stavolta degno merito anche agli attori che non hanno interpretato i ruoli principali della storia, primo tra tutti il bravissimo Sean Astin, capace di rendere il suo Sam Gamgee una figura semplice ed allo stesso tempo molto toccante, proprio a causa dei suoi sentimenti familiari e del suo coraggio comune. Tutto suo, giustamente, è l'epilogo del film, degno finale di un capolavoro.