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Il fuggiasco

Un film atipico "Il Fuggiasco", che nonostante la mano del diretto interessato alla vicenda, quel Massimo Carlotto che tra il '76 e il '93 fu protagonista di un'incredibile odissea giudiziaria, si mantiene freddo e lucido nel racconto.

Il fuggiasco

12.04.2007 - Autore: Vincenzo Vinci
Nonostante- ma forse faremmo meglio a dire proprio in virtù di quella mano molto presente nella lavorazione del film (Carlotto è co-sceneggiatore assieme al regista Andrea Manni, nonché autore del libro omonimo da cui la pellicola è tratta), la narrazione si mantiene quasi distaccata, lontana dai vibranti sentimentalismi di analoghe storie di ingiustizia (pensiamo a un film come "In nome del padre"). La anima, più che (come sarebbe lecito aspettarsi) un senso di individualistico struggimento per la propria personale sorte infelice, una sorta di civica pietas, che riporta in vita un tema talmente classico da far venire in mente storie da tragedia greca: il tema dell'esilio. Infatti "Il fuggiasco", diversamente da quanto potrebbe pensare chi ha visto il trailer, non è affatto una storia carceraria, nè tantomeno la storia di una vicenda giudiziaria. E' invece la storia dolorosa della "latitanza interiore" di un giovane di diciotto anni, fortemente idealista e militante di Lotta Continua, cui non un gesto di ribellione al "sistema", ma un semplice atto di onestà (testimoniare su un delitto di cui non sa nulla) costa all'improvviso la perdita di ogni riferimento familiare e affettivo e persino della sua stessa identità. Costretto a fuggire in Francia, si trova subito a dover reimparare a vivere. Le sue guide in questo percorso iniziatico che cambierà per sempre il suo modo di vedere il mondo (che il regista riesce a suggerire bene con inquadrature buie e raso-terra che ci danno l'idea del "carcere a cielo aperto") sono i membri della società solidale dei rifugiati politici, simboleggiati nel film, uno per tutti, dal cileno Lolo. Ad essi, a gettare luce sulla loro condizione di "fuggiaschi", gente che in patria ha lasciato una parte importante di se stessa, è manifestamente dedicato questo film. E la vicenda di Carlotto, pur se ci lascia sbalorditi nella sua "enormità di ingiustizia", non si pone che come pietra di paragone per storie ancor più allucinanti, che coinvolgono non più singoli individui, ma interi popoli. Così quello che potrebbe essere solo il resoconto di un' "anomalia giudiziaria" del nostro paese diventa l'innesco di un viaggio oltre il velo della "normalità" e della "civiltà", dove il protagonista (e noi con lui) relativizziamo la nostra condizione, a confronto con un mondo più vasto e più terribile della nostra distratta penisola. Dove si perdono le prove a discarico degli imputati ma si smarrisce con identica facilità il mandato di cattura per metterli in cella.
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