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Il cinema di Michael Mann

Il cinema di Michael Mann

Michael Mann

14.04.2003 - Autore: Adriano Ercolani
Uno stile rigoroso e riconoscibile in ogni pellicola; un gusto dellinquadratura che mescola alla perfezione eleganza e ricerca formale; unestetica cinematografica pienamente personale sia nella regia che nel ritmo narrativo, spesso dilatato e fluido come nella miglior tradizione autoriale europea. Queste, in breve, le caratteristiche del cinema di Michael Mann, uno dei migliori cineasti americani venuti fuori dagli anni 80.   Il primo lungometraggio in cui Mann è riuscito ad esplicitare in pieno la sua poetica visiva e la sua estetica è stato il bellissimo ed incompreso Manhunter frammenti di un Omicidio (Manhunter, 1986), opera che segna linizio del suo sodalizio con il direttore della fotografia Dante Spinotti, che lo accompagnerà per i suoi lavori a venire (ma non questultimo Alì). Dietro le spoglie del thriller lautore è riuscito a comporre un perfetto puzzle, che mescola sapientemente una straordinaria qualità visiva ed un intreccio narrativo affascinante, in cui il protagonista è un uomo che non riesce ad essere in sintonia con il mondo che lo circonda, e questo lo porta ad un conflitto sia interiore che esterno.   La tematica delleroe non conciliato è una costante di tutto il cinema di Mann, da Manhunter a LUltimo dei Mohicani (The Last of Mohicans, 1992), da Heat la Sfida (Heat, 1995) a Insider- Dietro la Verità (The Insider, 1999). Dopo linsuccesso commerciale del film tratto dal primo romanzo di Harris su Hannibal Lecter, il regista ha aspettato sei anni prima di tornare sugli schermi con LUltimo dei Mohicani, il western interpretato da Daniel Day-Lewis e Madeleine Stowe: il film, che ha riscosso notevoli consensi di critica e buoni incassi al botteghino, rimane forse però lopera meno compiuta del periodo maturo di Mann, sospesa tra il forte realismo del suo impianto visivo e lepicità della storia.   Pienamente riuscito è invece Heat, opera capace di esplicitare al meglio tutto il modo di fare cinema del suo creatore: film dazione dove a prevalere è invece lintrospezione dei personaggi, il lungometraggio possiede una forza visiva ed un impatto emotivo difficilmente riscontrabili i questo tipo di cinema: grazie anche alle splendide interpretazioni di Robert de Niro e Al Pacino, Heat rappresenta lesempio perfetto di cosa significa essere autore a tutto tondo allinterno dello standard produttivo mainstream. Il film, forse non a caso, si è però rivelato un altro fallimento per quanto riguarda gli incassi, e mentre la critica europea lo ha osannato, in patria ha trovato parecchi pareri contrari, dovuti probabilmente allo spiazzamento di fronte ad unopera troppo personale ed autoriale per essere capita. Lo stesso possiamo dire dellaltrettanto splendido Insider, che nonostante un grosso consenso di critica e ben sette nomination ai premi oscar del 1999, ha nuovamente disorientato il pubblico americano. Adesso tocca ad Alì, nuova sfida di Mann a chi intende il cinema come solo spettacolo di intrattenimento.