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I lunedi' al sole

Un film bellissimo dolente, amaro che è stato candidato all'Oscar del 2002 come miglior film straniero. Un Kean Loach spagnolo, più umano e meno ideologico.

I lunedì al sole

12.04.2007 - Autore: Terry Marocco
regia di Fernando Leon De Aranoa con Javier Bardem   Due uomini seduti sulle rocce guardano il mare tranquillo in una giornata di sole. «Ma che giorno è oggi?», chiede uno. «E lunedì». Una vacanza continua, una vacanza obbligata, le giornate scandite solo dal consueto appuntamento al bar per un gruppo di uomini che ha perso il lavoro. Il cantiere ha chiuso e loro lentamente, quasi senza accorgersene, sono scivolati in unesistenza dove il tempo è dilatato, tutto è sempre uguale e il futuro non esiste.   Fernando Leon De Aranoa, regista e sceneggiatore, firma un film bellissimo (candidato allOscar del 2002 come miglior film straniero), dolente, amaro. Esistenze che sono ombre, uomini soli in squallide case o in stanze dalbergo, senza un lavoro e alcuni senza una moglie, che se ne è andata via per disperazione o che cerca di andarsene per sopravvivere. Solitudine, limmondizia che si accumula in stanze senzacqua, la fila al collocamento, lumiliazione a cinquantanni di ricominciare tutto da capo e vedere quelli più giovani passarti davanti. E tingersi i capelli non serve a niente. Un Kean Loach spagnolo, più umano e meno ideologico.   In una città spagnola della costa del nord il cantiere navale chiude e gli operai prima cercano di resistere con lo sciopero (il filmato degli scontri è vero, girato a Gijòn in Galizia), poi firmano un accordo che non li salverà dal licenziamento. Santa (il bravissimo Javier Bardem) è pieno di rancori, sogna lAustralia e guarda con occhi vogliosi Nata, la figlia quindicenne dellamico Rico (Joaquin Climent), che ha aperto un bar e si è salvato dalla disoccupazione. Lino (José Angel Egido, il più commovente) non vuole arrendersi: anche se cinquantenne e senza nozioni di informatica si presenta a colloqui di lavoro, privi di speranza. Grasso, con vecchie giacche sformate, le mani che gli sudano per la paura, ruba i vestiti al figlio per sembrare più giovane e alla moda. Ma un giorno sarà costretto a guardarsi allo specchio. José (Luis Tosar) è sposato con la bella e ormai un po sfiorita Ana (Nieve De Medina) e non sopporta che lei lavori e lo mantenga, ma non ha neanche il coraggio di chiedere un prestito alla banca per ricominciare. Amador (Celso Bugallo) è una figura tragica: è il più vecchio, abbandonato dalla moglie, passa le giornate al bar, beve, non parla molto, guarda la luce del bagno che si accende e spegne a tempo. Sullo sfondo una città grigia, strade in salita, il cantiere abbandonato, dove a fare il guardiano è rimasto solo un povero scemo. Una società che non dà una seconda possibilità.   Tra bevute interminabili, discorsi da bar sport, le donne e il calcio, anche sogni, speranze, momenti di tenerezza e sorrisi. Come quando Santa va a fare il babysitter nella casa di un riccone. E al momento di leggere la fiaba al piccolo, la cicala e la formica, ne dà una sua interpretazione straordinaria. La formica è una gran bastarda perché non apre alla cicala. Perché non le dà una seconda possibilità.
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