Ken Loach prende bene la mira e colpisce forte. Il suo bersaglio? Naturalmente il governo britannico, ancora una volta vero cattivo nel suo nuovo film. Con Io, Daniel Blake il cinema di Loach torna a raggiungere le sue vette più alte, giocando sul passaggio da dramma a horror sociale, ovvero una storia che terrorizza per quanto possa essere vera. Una vicenda ambientata direttamente nell'inferno creato dalle istituzioni. Un posto in cui non ci sono fiamme né gabbie di ferro incandescente, solo pareti fatte di scartoffie da riempire: quei moduli con cui fare domanda per ricevere il sussidio statale. Possono essere di carta o documenti digitali, ma la garanzia è che nel momento in cui l'onesto protagonista del film decide di compilarli si ritroverà su un percorso di dolore e sofferenza da cui non si torna indietro.
Leggi l'intervista a Ken Loach: "Il cinema ha ancora bisogno di registi vecchi"
Io, Daniel Blake racconta la parabola discendente di un onesto cittadino britannico, carpentiere che perde il suo lavoro e viene piano piano spogliato di tutta la sua dignità, intrappolato all'interno della grande ragnatela velenosa del sistema sanitario britannico che non gli riconosce il sussidio di invalidità dopo che è stato colpito da un infarto. Venticinque anni dopo Riff Raff quegli stessi operai sono andati avanti senza mai smettere di incassare i colpi della vita. Colpi verso i quali hanno reagito sviluppando i giusti "anticorpi". Ma non c'è difesa che tiene davanti ai colpi dello Stato. Questo ci dimostra Loach che mira al nostro cuore - e in un paio di scene affonda fino a provocare le lacrime - e allo stesso tempo accende il fuoco della nostra collera.
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Io, Daniel Blake racconta la parabola discendente di un onesto cittadino britannico, carpentiere che perde il suo lavoro e viene piano piano spogliato di tutta la sua dignità, intrappolato all'interno della grande ragnatela velenosa del sistema sanitario britannico che non gli riconosce il sussidio di invalidità dopo che è stato colpito da un infarto. Venticinque anni dopo Riff Raff quegli stessi operai sono andati avanti senza mai smettere di incassare i colpi della vita. Colpi verso i quali hanno reagito sviluppando i giusti "anticorpi". Ma non c'è difesa che tiene davanti ai colpi dello Stato. Questo ci dimostra Loach che mira al nostro cuore - e in un paio di scene affonda fino a provocare le lacrime - e allo stesso tempo accende il fuoco della nostra collera.
La commozione viene liberata quando il regista nel raccontare il mondo dei nuovi poveri fa luce su solidarietà e comprensione tra esseri umani. L'ira è invece prodotta da una dose costante di frustrazione somministrata dalle autorità e dai suoi funzionari ai protagonisti del film.
Si esce a pezzi da I, Daniel Blake certi di una cosa, che il cinema britannico quando realizzato al massimo delle sue potenzialità, in primis nella recitazione, si conferma il numero uno oltre ogni dubbio.
Io, vincitore della Palma d'oro alla sessantanovesima edizione del Festival di Cannes, arriva nelle sale distribuito da Cinema di Valerio De Paolis, storico distributore di Loach fin dal '91 con Riff Raff.